Cose da non dire

di Simone Togneri - pagine 237 - euro 16,00 - Edizioni Anteprima

La vita di Gerardo Ferri, un tranquillo gioielliere trentenne di Firenze, è sconvolta quando riceve, nel cuore della notte, la telefonata di una giovane sconosciuta che gli chiede aiuto. Recatosi a soccorrere la donna, la trova morta, e per la polizia accorsa sul posto diviene il principale sospettato del brutale delitto. E anche se ben presto viene provata la sua estraneità ai fatti, il suo calvario sembra appena all’inizio. Infatti una catena di misteriosi eventi tendono a perseguitarlo, e dietro tutto questo sembra esserci il disegno di qualcuno che nell’ombra trama contro di lui. E il mistero sulla vera identità del persecutore sembra affondare nel passato di Gerardo.

Cose da non dire, seconda opera di Simone Togneri, dopo Dio del Sagittario, è un romanzo breve che si legge tutto d’un fiato. Dopo una partenza in quarta, con una telefonata nel cuore della notte e un delitto in una cabina telefonica, il romanzo prosegue di gran carriera, con una serie di eventi che costruiscono bene un senso di minaccia e paranoia, che instillano dubbi nel lettore. Ad acchiappare, oltre a una buona caratterizzazione dei personaggi principali e un ritmo narrativo sostenuto, è lo stile efficace e “fresco” di Togneri, diretto e senza orpelli, ma senza cercare un linguaggio artificiosamente brutale, ancora da maturare, ma per fortuna già svincolato dagli stilemi del noir americano. Questi sono, in sintesi, i principali pregi di questo romanzo. Riguardo all’intreccio e alle conclusioni, devo dire che, date le premesse create, mi aspettavo da parte dell’autore una risoluzione un po’ più articolata. Invece si scivola nel più classico archetipo del thriller psicologico, e tra l’altro non senza forzature, perché non ho trovato del tutto verosimile lo sviluppo. L’impressione generale è quella di uno scrittore che ha già dalla sua una buona padronanza dello stile e che riesce a far divorare pagine su pagine (qualità importanti per la “vendibilità”) e che ha bisogno di maturare ancora un po’ e imparare ad articolare di più le sue trame.
Voto: 7
[Vincenzo Barone Lumaga]

Incipit
Il telefono cominciò a squillare quando mancava un quarto d’ora alle tre del mattino. Schizzai a sedere senza capire cosa stesse accadendo e mi scappò un’imprecazione. Accesi l’abat-jour, ma la luce mi fece bruciare gli occhi e la spensi subito. Allungai una mano e afferrai il ricevitore a tentoni. Rebecca, pensai.
«Pronto...»
Non parlò nessuno.
«Pronto, Rebecca? Sei tu?»
Alla fine ebbi una risposta, ma non quella che mi aspettavo.
«Per favore non riattacchi!» Il grido isterico mi fece correre i brividi nelle vene e allontanare d’istinto la cornetta dall’orecchio. Era la voce di una ragazza, ma non era Rebecca.
«La prego, mi aiuti... mi porti via di qui!»
«Chi sei?»
«Mi porti via!», ripeté lei mangiandosi le parole.
«Via da dove?», domandai. Accesi di nuovo la lampada, e stavolta mi sforzai di sopportare la luce.
«Vogliono ammazzarmi! Mi aiuti la prego! Deve aiutarmi!»
«Ti sembrano scherzi da fare a quest’ora?», sbottai. «Vai a rompere le palle a qualcun altro!»
«Gesù, non è uno scherzo!», strillò.
«Chiama la polizia, allora.»
«Non posso.»
«Perché?»
«Se lo faccio mi ammazzano.»