The dark side

di Autori vari - pagine 513 - euro 16,50 - Einaudi

Molto di quello che c’è da dire sulle antologie di racconti in genere, Roberto Santachiara, il curatore, lo dice già in una breve, ma incisiva, introduzione. E riassumendone i punti principali, riconosce che le raccolte di diversi autori hanno il difetto di essere, molto spesso, composte per metà da buoni pezzi, e per metà da lavori mediocri, se non scadenti. Ecco perché, per questa raccolta, ha dato agli autori libertà assoluta di tempo e di spazio, in modo da salvaguardare il più possibile la qualità.

Obiettivo raggiunto?
All’80% direi proprio di sì, perché questa è decisamente una buona raccolta, per chi ama il genere noir, nelle sue più varie accezioni.
Ma chi sarebbero gli autori che hanno prestato un tassello a questo mosaico di chiaroscuri? Sono tanti, si nota subito, e alcuni sono famosi, anche parecchio. L’idea di fondo, però, è di suddividerli tra autori USA e autori italiani, cosa che si vede anche dalla copertina bicolore e dal titolo bilingue. Dieci autori, quelli d’oltreoceano e nove i nostri (forse hanno espulso Faletti?) alternati come se fosse una gara a rigori, in un’ipotetica sfida calcistica.
Chi vincerà, tra le vecchie volpi che hanno inventato il genere letterario legato al crimine e i nostri prodi autori che provengono dal paese dove è stato inventato il crimine stesso?
Al via la sfida, a rigori, dunque:
1. “La scrofa americana” di James Crumley. Racconto americanissimo, ambientato in Messico, con tanto di classico investigatore povero e figo che piace alle donne e donna strafiga, ricca e bugiarda. Niente di che, ma si lascia leggere. Gol.
2. “Francesca sta con me” di Giovanni Arduino. Racconto senza rincorsa, di bambini problematici, visti dalla loro parte della barricata. Delicato e angosciante allo stesso tempo. Gol
3. “Seme cattivo” di Jeffery Deaver. Racconto che all’inizio spiazza il portiere, pardon, il lettore, riproponendo uno dei soliti colpi di scena alla Deaver, ma alla fine in alcune pagine inutile, spiegando ciò che non era necessario spiegare. Parato!
4. “Notte di San Giovanni” di Eraldo Baldini. Racconto nostrano, breve, poetico, con i piedi affondati nella storia, guerra e miseria. Venato d’horror. Emoziona. Gol!
5. “I ragazzi del coro” di James Ellroy. Un omaggio a Wambaugh da parte del lettore-scrittore-giovane-criminale Ellroy. Stile molto sperimentale, rigore tirato di punta, più diario che narrazione; più emotivo, che ragionato. Se si conosce gli autori è sicuramente gol, in caso contrario la palla potrebbe anche uscire, ma di poco.
6. “La divisa stretta” di Piero Colaprico. Il passaggio da cacciatore a preda di un poliziotto corrotto dall’'ndrangheta. Una prima persona densa e che ti respira dentro. Davvero un bel racconto, a fil di palo. Gol.
7. “What’s going on” di James Grady. Sono dell’idea che scrivere racconti o romanzi sul carcere è difficile, perché ci devi essere stato per conoscerlo bene. Edward Bunker era un maestro, in questo. James Grady si difende altrettanto bene. Atmosfera, scrittura diretta e semplice. Uno stile tutto suo che ti fa "vedere" questa galera. Forse un po’ di buonismo e stereotipo di troppo, ma la storia regge. Diciamo che il portiere intuisce, sfiora, ma la palla entra ugualmente. Gol.
8. “Dolcevita zen shot” di Giancarlo De Cataldo. Storia di paparazzi e fotografie, giovanotti e poco noir. Stile che non convince e storia che alla fine pare un po’... prevedibile. Tiro centrale, portiere blocca senza fatica.
9. “Sei-zero” di James W. Hall. Si parla di tennis, certo. E di un crimine che si ritorcerà contro. Ma si intuisce troppo presto dove si vuol andare a parare e anche se il tiro è ben angolato, un bravo portiere/lettore si può allungare e smanacciare in calcio d’angolo. Basta un buon colpo d’occhio.
10. “L’uomo col vestito a strisce” di Carlo Lucarelli. Ambientato in un campo di concentramento. Crudo, crudele, perfetto. Un tiro all’incrocio dei pali. Imparabile.
11. “Il sogno di Harvey” di Stephen King. Sì avete sentito bene, c’è il re, in quest’antologia. Con un racconto vecchio, è vero. Con una trama praticamente inesistente. Ma il climax che riesce a creare in così poche pagine è davvero notevole. È un tiro di potenza, centrale, ma troppo veloce per il portiere. Gol.
12. “Alfama” di Giampiero Rigosi. Di nuovo il crimine organizzato italico. Un vecchio killer e uno giovane. Imparare e insegnare. Un rigore di classe, poetico e cattivo, senza un vincente, e senza un perdente. Una figura tra le più forti dell’intera antologia, il vecchio Alfama. Altro che cucchiaio... grande gol!
13. “Can che abbaia” di Ed McBain. Insomma... un racconto di uno degli autori che assieme al curatore hanno voluto l’antologia (scomparso nel 2005, mi sembra). Però il racconto lascia troppo al tono ironico e non decolla, e quando lo fa, è appena finito. La palla scheggia la traversa ed esce.
14. “Il nero” di Flavio Soriga. Ancora storia, ancora Italia di un tempo. Ma stavolta si lavora sulla personalità di un personaggio, sulla sua crudeltà, sulla sua analisi che fa emergere altre personalità. Il fatto è che sembra a tratti fuori posto, questo racconto, forse poco appariscente, ma è un racconto intelligente... altro che. Qui dipende da dove si butta il portiere...
15. “Herbert in motion” di Ian Rankin. Un bel racconto per gli amanti d’arte moderna, che alla fine fa apprezzare sia il falsario sia l’autore. Ambientato alla Tate Gallery, tiene col fiato sospeso fino all’ultima riga con qualche vecchio trucco narrativo. Un rigore normale, ma vale sempre un gol.
16. “La gabbia” di Simona Vinci. Un tiro con la rincorsa spezzata, con tanto movimento di braccia, con tanta scena e alla fine una palla che arriva lenta e nemmeno troppo angolata. È gol solo se il portiere si butta dall’altra parte... altrimenti. Troppo, troppo caotico per ingannare.
17. “Millennium Express” di Robert Silverberg. Fantascienza! I cloni di Einstein, Picasso e altri distruggono ciò che resta di un’umanità ormai mutata. E in un folle ragionamento finale riescono a farsi dare ragione, quando fanno esplodere il Louvre. Si sa, con la matematica e con la fantascienza si dimostra di tutto. Traversa gol. Da guardare al reply, ma la palla è entrata.
18. “In like flynn” di Wu Ming. Che dire... racconto che pare senza capo né coda e poi ci si accorge avere un capo e una coda, seppur che non servono al lettore. Il protagonista è Errol Flynn, storico attore degli anni trenta. Fantasia e voli pindarici tra alcol e oppio. Un gol sulla ribattuta del portiere.
19. “Sant’uomo” di F.X. Toole. Per i racconti sulla boxe vale ciò che ho detto per i racconti sulla galera. L’autore qui è ancora più bravo. Avvincente. Un rigore di mestiere, guardando il portiere prima di tirare. Gol anche questo.
Ecco fatto... Com’è finita? Mi pare in parità, come rigori, ma considerato che avevamo un rigorista in meno e che alcune delle nostre realizzazioni era davvero di pregevole fattura non si può che dire che Italia batte Usa!
Voto 7,5
[Gelostellato]

Incipit (dall'introduzione di Roberto Santachiara)
[...] per realizzare The Dark Side ci sia voluto così tanto tempo. Il progetto nacque infatti più di due anni fa parlando con Edward McBain. Era già molto malato ma non smetteva di lavorare e scrivere. Riflettevamo su come in Italia fosse fiorita una generazione di ottimi scrittori di genere, noir, mistery, horror, molti dei quali facevano capo alla mia agenzia
Gli proposi così di presentare e curare per il nostro mercato un'antologia di racconti di autori italiani e americani, con l'idea di farla poi pubblicare negli Usa in virtù della sua autorevole sponsorizzazione. La cosa gli piacque ma mi disse subito «Perché non la fai tu? In fondo molti fra i migliori americani sono tuoi autori. Io potrei naturalmente darti un mio racconto. Scegli pure quello che ti piace».
La proposta mi affascinò: si trattava di mettere assieme, per la prima volta gli indiscussi maestri d'oltreoceano e la new wave degli allievi italiani. Insomma, fare il punto. Nessuno ci aveva provato in precedenza e non sembrava certo semplice. Ma in fondo avevo la fortuna di trovarmi in una posizione privilegiata. Dovevo far da editor ma allo stesso tempo ero agente e amico degli autori. Festeggiare così il quindicesimo anniversario della mia Agenzia poteva essere il pretesto giusto.
Le risposte, sia da parte dei colleghi delle agenzie americane e inglesi sia soprattutto da parte degli autori, furono entusiaste. E tutti i miei autori italiani desideravano cimentarsi nel gioco.
Decisi che non ci sarebbe stato un tema. Tutti avrebbero avuto un lungo lasso di tempo per scrivere e consegnare. Nessun limite rigido di dimensioni. Questo avrebbe se non salvaguardato in assoluto, comunque assicurato la massima qualità.
Il lavoro impegnativo per me era solo cominciato. Gli autori iniziarono a inviarmi i racconti. E per lasciarmi la scelta me ne inviavano diversi. Bisognava leggerli e decidere. La selezione fu sofferta, alcuni dei racconti avevano già vinto premi prestigiosi, altri, non per questo meno belli, erano ancora inediti anche negli Stati Uniti. Scartarne alcuni fu doloroso ma alla fine credo di aver raggiunto la giusta varietà di generi e suggestioni.