Ti portero' nel sangue

di Chiara Palazzolo - pagine 448 - euro 17,90 - Piemme

Leggere “Ti porterò nel sangue” di Chiara Palazzolo, capitolo finale della trilogia di Mirta/Luna e della saga dei Sopramorti (ricordiamo i due titoli precedenti: “Non mi uccidere” e “Strappami il cuore”) può essere paragonato, per chi ha amato questo personaggio e le sue gesta, all’esperienza del concerto finale della band del cuore: ci si accinge ad assistervi con le lacrime agli occhi, ma già dall’inizio qualcosa non quadra, nuove sonorità si mischiano magicamente, con suprema potenza, a quelle già conosciute e amate. Lunghi fraseggi melodici si alternano a stacchi pesantissimi per sfociare in false chiusure che aprono armonie nuove, inaspettate.

E quando il concerto finisce le lacrime vengono cancellate da un sorriso e un pensiero: non è finita... torneranno!
Così è per questo romanzo, quello in cui tutti i nodi dovevano venire al pettine, quello della resa dei conti, del bagno di sangue finale.
In effetti tutte queste cose le troviamo. Le promesse sono state mantenute, ma nel modo diabolico in cui solo Chiara Palazzolo poteva mantenerle.
Ma andiamo con ordine e diamo un’occhiata alla trama: Mirta, anzi Luna, è ormai uno dei più potenti guerrieri sopramorti guidati dall’antichissimo cavaliere teutonico Gottfried, così potente e astuta da non essere totalmente controllabile neanche da quest’ultimo. La sua vita (anzi la sua morte) è un continuo e pericolosissimo destreggiarsi tra feroci scontri con i nemici di sempre, i Benandanti, e le imperscrutabili, oscure linee politiche dei Cavalieri di Gottfried; tra tradimenti impensabili (in amore e in guerra) e rivelazioni stupefacenti (il misterioso “tesoro” di Gottfried, i tenebrosi precedenti di Sara tra i “Cavalieri Segreti”, il programma Alma Mater); tra vecchi personaggi che tornano in scena (il primo amore di Mirta, Francesco Saronno, ora cadetto dei Benandanti; il folle Paco, ora feroce e imprevedibile zombie; Muriel, la “strega fiamminga”) e nuovi e affascinanti personaggi (il misteriosissimo Gatto Machesi, “gemello” di Luna; la benandante paraplegica Fausta A. Rinaldi; la pazzesca Lady Tattoo); l’amore devastante e lesbico per Sara e quello misto a odio per Robin, l’uomo che l’ha stappata alla vita e l’ha trascinata in questo folle mondo della Morte. E proprio l’irrevocabile, attesissimo incontro/scontro tra Luna e Robin nelle loro attuali condizioni non-umane costituirà il momento fatidico del romanzo: apocalittico, sanguinario (splatter, se vogliamo), terrificante e intenso... ma della durata di pochi istanti, e sicuramente non definitivo!
Tutto in questo romanzo non è definitivo, sembra un puzzle a cui vengono aggiunte tessere importanti e fatidiche ma poi ci si accorge con sorpresa che altre sono misteriosamente scomparse, altre sono state incastrate male. Ed è tutto da rifare...
Con “Ti porterò nel sangue” un altro prezioso gioiello si aggiunge alla produzione di Chiara Palazzolo, un’autrice per la quale il termine “unica” nell’attuale panorama letterario italiano non è certo abusato.
Col suo stile schizofrenico, strafottente dell’ortodossia grammaticale, tagliente e violento riesce a confezionare ancora una volta una storia granitica e senza cedimenti, una morsa d’acciaio allo stomaco del lettore dalla prima all’ultima pagina, un treno travolgente e velocissimo, che si ferma solo pochissime volte, per far prendere fiato al lettore e regalargli momenti di autentico, grandioso goticismo.
Indimenticabili, sotto questo punto di vista, i momenti vissuti da Luna nella villa sul Baltico di Walther e Vanna, o l’epico funerale di Helena: la sua pira funebre, le fiaccole attaccate alle tetre mura del Borgo, il corteo dei giganteschi Cavalieri Teutonici, mentre sembra quasi di vedere il ghigno della Morte, al di sopra di tutto, irridere tutto e tutti, in barba anche ai Sopramorti.
Lunga vita (?), dunque, a Mirta/Luna!
Chiudiamo il libro soddisfatti ma non appagati, nella speranza/certezza che ritornerà a turbare i nostri sogni...
Voto: 8
[Domenico Nigro]

Incipit
L’antivigilia di Natale, e il traffico era impazzito. Il taxi era rimasto bloccato sul Muro Torto per circa un millennio, secondo i calcoli del ragazzo. E adesso che avevano raggiunto il centro la situazione era anche peggiorata. Via del Corso, ingorgata da un fiume di gente, risplendeva di luci. Vetrine. Fari d’automobile. Riflettendo pozze di luce aranciata sull’asfalto, lucido della pioggerella caduta nel pomeriggio.
“Ci vuole molto?” chiese il ragazzo al tassista, tamburellando con impazienza sullo schienale del sedile.
“E chi lo sa!” rispose quello serafico.
“Non si può fare più presto?”
“Mi dica lei se posso volare!”
Il ragazzo tacque. Contrariato. Agitato. Ci teneva ad arrivare in orario. Anzi, era terrorizzato all’idea di un ritardo. Il primo appuntamento importante, dopo tanta attesa! Figuraccia. Gli avrebbero riso in faccia. Lo avrebbero cacciato via.
E dire che aveva preso il taxi proprio per stare tranquillo. Conosceva ancora poco la città e temeva di perdersi, in macchina. Peraltro, non aveva il permesso per accedere al centro storico. E muoversi con i mezzi gli creava qualche difficoltà, soprattutto se doveva calcolare i tempi di percorrenza. Sotto Natale, poi. No, il taxi gli era sembrato proprio la soluzione ideale. Invece, guarda qua che casino.
Si era trasferito solo a fine settembre. Appena ottenuto il passaggio di facoltà e la convalida degli esami del primo anno. E non era stato facile trovare casa. Gli affitti erano alle stelle. Molto più alti che a Perugia. E poi voleva stare da solo. Non poteva permettersi di avere colleghi tra i piedi. Loro erano stati categorici: devi avere massima libertà di movimento. Niente stanze in famiglia, o mandrie di coetanei intorno. Cercati un monolocale, in uno di quei palazzoni in cui nessuno si conosce. Se vuoi, possiamo darti una mano con i pagamenti...