Vukovlad - Il signore dei lupi

di Paolo Maurensig - pagine 109 - euro 12,00 - Mondadori

Vukovlad è un romanzo breve, garbato ed elegante, che fa dello stile e delle atmosfere le sue carte vincenti. L’autore de “La Variante di Lüneburg” e di “Canone inverso” (per citare i più conosciuti) si lascia ammaliare dagli echi del genere fantastico, attingendo alle leggende e alle superstizioni che da sempre impregnano la “vecchia” Europa. Le vicende, ambientate tra le impervie montagne che separano Polonia e Ungheria, ci conducono dentro un mondo antico e inquietante, in cui sopravvivono misteriose creature del male dalle sembianze ferine.
Riproponendo il contesto, a lui caro, del secondo conflitto mondiale e dell’invasione nazista della Polonia, Paolo Maurensig scava nella vita di uno sperduto villaggio, che pare più vicino al Medioevo che alla metà del Ventesimo Secolo.
Utilizzando lo stratagemma della “vicenda narratagli casualmente dal suo protagonista” il romanzo usa sapientemente la prima persona per dare voce a Emil Ferenczi, sottotenente dell’esercito polacco, che presto si scontrerà contro quello tedesco.

Accanto alle operazioni di posizionamento delle truppe per il presidio dei luoghi strategici si sviluppa una serie d’inspiegabili e crudeli crimini che paiono essere tutti legati al Margravio di quella zona. Con un eccellente uso della lingua italiana e un registro dal sapore “antico”, l’autore friulano dipinge scenari cupi e tenebrosi, opprimendo il lettore con l’angoscia dell’imminente guerra e invitandolo alla lettura con l’ansia del voler scoprire i segreti che si celano ovunque.
Maestosa, in particolare, la descrizione del sontuoso banchetto che segue caccia; riuscite le caratterizzazioni del Margravio e dell’io narrante, così come quelle, di minor rilievo, dei soldati e degli abitanti del villaggio.
Una storia, quindi, in cui non si cerca mai il colpo di scena o gli intrighi della trama. Si dipinge, a pennellate cupe e riflessi (o)scuri, e il risultato è davvero apprezzabile.
Voto: 8
[Gelostellato]

Incipit
Nell'estate di alcuni anni fa mi trovavo con mia moglie a Capri. Partecipavo ad un convegno di saggisti e romanzieri invitati a parlare sul tema del soprannaturale nella letteratura del nostro secolo. Il titolo del convegno, che sarebbe durato una settimana, era propriamente: "L'insolito, il magico, il fantastico nella letteratura del Novecento".
Alloggiavamo in un albergo di Anacapri e a cena, per vicini di tavola, avevamo due coniugi anziani in villeggiatura. Li avevo già notati aggirarsi in mezzo al pubblico durante una conferenza. Sebbene parlassero correntemente l'italiano, tra loro cicalavano in una lingua incomprensibile che infine risultò essere l'ungherese. Lui vestiva impeccabili abiti di lino chiaro che contrastavano con i tratti scuri, rugosi del volto e gli occhi di un nero ambrato, simili a schegge di ossidiana conficcate nella corteccia; lei, in contrasto, era piccola, grassoccia, con uno sguardo incolore e una carnagione che il sole non aveva neppure sfiorato.