I figli della paura

di Dan Simmons - pagine 508 - euro 8,50 - Mondadori

Dopo la caduta del regime di Ceausescu alla fine degli anni Ottanta, la Romania si è ritrovata di fronte a una situazione sociale devastata. Ciò che descrissero gli organi d’informazione riguardo agli orfanotrofi-lager e ai bambini malati rinchiusi al loro interno lasciò il mondo intero con l’orrore nel cuore. Tale orrore è lo spunto di questo romanzo di Dan Simmons.

In uno dei numerosi orfanotrofi stracolmi di bambini malati di Aids, la dottoressa Kate Neuman trova un neonato che all’apparenza appare affetto da un morbo misterioso. Kate, spinta da qualcosa di più dell’interesse medico, adotta il piccolo e lo porta negli Stati Uniti, in una clinica specializzata nella cura delle malattie del sangue. Mentre cerca di guarirlo e di scoprire se un tale fenomeno possa essere utilizzato per scopi medici, una setta venuta dal ventre della Transilvania e guidata da un essere immortale cerca di sottrarle il piccolo per compiere un antico e innominabile rito di passaggio.
Sui vampiri è stato scritto di tutto, di più, spesso dando vita a una serie di romanzi (e film) fotocopia, tanto da annoiare anche il lettore più appassionato di questo tema.
"I figli della paura", del mai troppo lodato Dan Simmons, sembra nato per smentire questo assunto. Il tutto nell'inquietante, verosimile e suggestivo scenario della Romania del post-Caucescu, un paese profondamente provato da anni di dittatura comunista.
Ovviamente scrivendo di Romania non si può non trattare del suo mito più antico e famoso: il vampiro. Il contesto folkloristico in cui è collocata la leggenda del nosferatu qui viene però abilmente trattata dall'autore da un punto di vista scientifico e addirittura sociologico, amalgamando quindi con sapienza superstizione e scienza, in un cocktail assolutamente ben riuscito.
Gli stessi "strigoi", membri di un'antica società segreta rumena che fin dal medioevo ha tirato le fila dei potenti rimanendo nell'ombra, richiamano la più suggestiva tradizione esoterica rumena, modernizzandola però in un contesto attuale, in un mix di fantapolitica e scienza che riesce nel difficile compito di risultare addirittura verosimile.
Dulcis in fondo, ne “I figli della paura” non manca un personaggio tra i più suggestivi della letteratura horror e gotica, Vlad Tepes l’Impalatore, che qui gioca un ruolo ambiguo e ombroso, anch’esso rivisto nel contesto della Romania post-Ceausescu. Un’ottima e originale caratterizzazione di quello che forse è il protagonista-icona del genere horror di questi ultimi tre secoli.
Ennesima ottima prova di Simmons, che presenta una storia ampiamente documentata e minuziosamente descritta, senza risultare pesante o macchinoso nella narrazione. La trama gode di un'originalità non comune specialmente, come già accennato, trattandosi di un romanzo sul vampirismo.
Nota finale assolutamente non secondaria: l’autore riesce a trattare in forma di thriller horrorifico dei temi spinosi come l’Aids, le dittature comuniste nell’est europeo e i profondi traumi sociali seguiti alla loro caduta.
Voto: 7,5
[Alessandro Girola]

Incipit
Partimmo da Bucarest non appena terminate le sparatorie e atterrammo all’aeroporto di Otopeni poco dopo la mezzanotte del 29 dicembre 1989. Nella nostra veste semiufficiale di “Commissione Internazionale d’Osservazione”, ci vennero a prendere al portello del mio jet Lear, ci accompagnarono al di là della folla caotica che nella Romania del dopo-rivoluzione aveva preso il posto della dogana, e poi ci imbarcarono sul pulmino per vip del ministero del Turismo Nazionale che ci doveva portare in città, a una quindicina di chilometri dal terminal.
Quando ero sceso dalla scaletta, avevo visto che c’era a mia disposizione una sedia a rotelle, ma l’avevo rifiutata con un brusco cenno della mano e avevo percorso sulle mie gambe l’intero tragitto fino al veicolo. Non era stato facile.