di Edward Bunker - pagine 176 - euro 13,00 - Einaudi Stile Libero
A volte certi autori riescono, scrivendo e vivendo, a regalarci qualcosa di impetuoso e vivo, creandosi un credito, che prima o poi, non sempre per propria volontà, potrebbero decidere di riscuotere. È il caso di Bunker con questo breve romanzo, edito postumo da Einaudi, a poco più di un anno dalla sua morte.
Un credito perché? Perché il romanzo, un noir ambientato nellambiente criminale
della California del sud dei primi anni 60, non è certo da annoverare tra le
produzioni migliori dellautore. La trama è piuttosto esile e i personaggi, per
quanto in alcuni casi ben disegnati, restano poco profondi e, a tratti stereotipati. Non
emerge quasi latteggiamento crudo e privo di moralismi che fa di Bunker
un maestro del romanzo criminale. La scrittura è sempliciotta, inesperta e ricca di
espressioni da scrittore ingenuo, privo di uno stile personale e di un impatto narrativo
collaudato. Tutto questo perché? La risposta è semplice: Stark è uno tra i primissimi
scritti di Edward, composto quando allinterno delle mura del carcere di S. Quintino
stava cercando di diventare uno scrittore, senza nemmeno avere alle spalle una terza
media. Quando scrive queste pagine, lautore non ha ancora conosciuto una vita
lontana dal crimine, non ha conosciuto Hollywood e Tarantino (Mr Blue de Le
Iene), non sa che si può vivere senza rapine e truffe. Tutto deve ancora accadere e
questo si riflette nella visione che lui ha dei suoi personaggi e del protagonista in
particolare, con un finale che più da filma(accio) non si può.
Ecco perché questa recensione è rivolta a due tipologie di lettori.
Il primi sono quelli che non conoscono Edward Bunker. Ecco... lasciatelo sullo scaffale!
Cercate, piuttosto gli altri suoi libri: Cane mangia cane, Animal
Factory, Little boy blue e soprattutto quello che può essere
considerato il suo lavoro migliore: Come una bestia feroce. A voi Stark non
farebbe che mostrare il suo lato peggiore: quello di una mera operazione editoriale per
sfruttare un autore affascinante e vero come Bunker. Basti pensare a quella
fuorviante frase, sapientemente piazzata sulla seconda di copertina: ...
lultimo gioiello lasciato dal grandissimo «Eddie» ai suoi lettori.
Gli altri lettori, invece, sono quelli che hanno letto Bunker e sanno che non ci sono
altri gioielli lasciati ai lettori. Per voi lacquisto di questo romanzo
è un gesto daffetto per salutare quel criminale di Eddie, che ha
impugnato la penna meglio di quanto abbia fatto con la pistola, riuscendo a mostrare il
mondo del crimine e della droga senza filtri e senza quella sensazione di cosa
sbagliata e bisogno di redenzione. In questa seconda ipotesi, già dopo
le prime pagine, si capisce quanto uno scrittore possa migliorare sé stesso attraverso
lesercizio e lonestà narrativa.
Riguardo alla trama, che ha il merito, nella sua semplicità/banalità, di far
correre il lettore fino alla fine, ci si può affidare tranquillamente a un
frammento dellintroduzione di James Ellroy:
Il personaggio che dà il titolo al libro è un tossico e un truffatore che cerca di
riempirsi le tasche di quattrini e le vene di eroina. È in rotta di collisione con gli
sbirri. Va in giro a fottere il mondo degli onesti. [...] Semina cadaveri mentre tenta di
farsi largo in una selva di malavitosi incazzati e di sfuggire alla "stanza
verde", la famigerata camera a gas di San Quintino...
Voto duplice: 5 se non avessi letto Bunker, 7 perché lho letto.
[Gelostellato]
Incipit
Ernie Stark non era la persona più perbene sulla terra. Chiedetelo agli amici.
Sempre che li avesse. Era un imbroglione di mezza tacca che sognava costantemente di fare
il colpo grosso. Quello che lo avrebbe fatto vivere da gran signore. Ma il più delle
volte restava fregato. Se non dal pollo di turno, dalla polizia.
Prendete la situazione in cui si trovava adesso. Per colpa di uno stupido arresto mentre
era ancora in libertà condizionata, si ritrovava cuore a cuore con gli sbirri. Stark
aveva intrallazzato parecchio, ma quello dello spione, del confidente della polizia, non
era un ruolo che gli andava a genio. O abbozzava o tornava dentro. Meglio fare il
confidente, fuori.
Gli sbirri sapevano che Momo, il suo amico hawaiano, spacciava stupefacenti. Robetta: non
volevano lui. Volevano il suo fornitore. Se arrestavano Momo, l'anello successivo nella
catena dello spaccio si sarebbe dileguato. Avrebbero arrestato anche l'hawaiano se fossero
venuti a sapere dove teneva nascosta la mercanzia.
E così prendevi uno come Stark, per entrarci in confidenza e scucirgli il nome del
fornitore. - È una parola, - disse fra sé Stark, seduto con Momo al bar del loro
night-club preferito. Era il 1962 il Panama era il locale più in voga di
Oceanview.