Il piccolo popolo dell'aria aperta

di Terry Pratchett - pagine 160 - euro 11,00 - Salani Editore

Esistono persone che possiedono il dono di raccontare storie. Storie semplici e naturali, magari, ma che vivono di freschezza narrativa e di un’originale modo di vedere le cose. Storie che, nella loro genuinità innocente, sanno incorporare sentimenti spiazzanti di commozione e allegria, impennate di entusiasmo goliardico e vertiginose scalate novellistiche. Storie che, grazie alle loro parole, concedono soste improvvise di pura riflessione, per capire e far capire cosa sia nascosto tra le quinte del mondo che ci ingloba.

Terry Pratchett è una di queste persone: da oltre vent’anni, infatti, a bordo del suo razzo magico che brucia umorismo e innaturale schiettezza, dispensa brio e simpatia, come un Babbo Natale con il pallino dello scrittore. Affermato bestsellerman in qualsiasi parte del globo, con i suoi irresistibili romanzi sul Mondo Disco - specchio deforme e incantevolmente ironico delle debolezze umane - ha letteralmente fatto morir dal ridere chiunque si addentri nella sua fatata miscela di fantasy e comicità tipicamente britannica, con una spruzzatina di thriller non troppo spinto quando capita l’occasione.
Inspiegabilmente, è solo da qualche anno che solca le librerie italiane, grazie all’iniziativa (lenta e incostante) della Tea, della Mondadori, ma soprattutto della Salani, che con pazienza sta pubblicando (senza fretta, che Zeus li fulmini!) le sue opere in ordine cronologico. Il ritardo indecente con cui il Mondo Disco e i suoi strambi abitanti si affacciano sul suolo italico viene però ricompensato da momenti di limpido godimento, quando gli occhi si posano sulle parole cosparse di humor dello scrittore inglese.
L’ultimo romanzo pubblicato è il qui presente Il piccolo popolo all’aria aperta (anno domini 1990, fate un po’ voi i conti di quanto tempo è passato - nonostante esista la versione edita dalla Tea qualche anno fa, però difficilmente reperibile, e quella antichissima e polverosa della stessa Salani, targata 1992, e letta probabilmente solo da un misero manipolo di nerd con il dono della conoscenza), fresco fresco di sbarco in libreria. Si tratta di una delle rare incursioni non strettamente fantasy, vista l’ambientazione terrestre e la mancanza delle terre piatte del Mondo Disco come sottofondo. Trattasi inoltre della seconda parte di una trilogia, iniziata con Il piccolo popolo dei grandi magazzini, e che si concluderà (si spera il prima possibile) con Il piccolo popolo decolla.
Le vicende narrano di un popolo di niomi, piccoli esserini che vivevano nell’Emporio costruito da F.lli Arnold, credendo che il mondo fosse racchiuso in quelle quattro mura. Quando questo venne demolito, i niomi riuscirono a scappare e a rifugiarsi in una cava abbandonata, luogo dove inizia la seconda puntata. Ma si sa che i problemi seguono sempre i protagonisti di un romanzo, e quindi ecco che gli umani intendono riaprire la miniera, costringendo nuovamente i niomi a fare le valige. Ma loro sono stanchi di fuggire, e gli uomini capiranno presto quanto agguerriti possono essere degli ometti alti tre millimetri.
Terry Pratchett è sinonimo di incredibilità, c’è poco da dire. Perché la naturalezza con cui le sue parole stravolgono la regolare concezione delle regole narrative, creando un multiverso di comportamenti e dialoghi ironici e trascinanti, lascia sbalorditi. Tutto è garbatamente folle, nelle trame tessute dalla penna inglese, ogni azione, colpo di scena, avvenimento, qualsiasi cosa viene spinta affinché via sia una generale e macroscopica presa in giro della routine abitudinaria dell’uomo. Ma l’intelligenza viene prima di tutto, e la critica che nasce tra le righe del romanzo non è mai banale o forzata, anzi, agevolata com’è da una singolare osservazione a 360 gradi del panorama umano, risulta sempre arguta e brillante.
L’unica appunto negativo che, innegabilmente, si può muovere nei confronti di Terry Pratchett, è relativo a una certa macchinosità di fondo (questa volta, per fortuna, quasi completamente assente), che causa qualche volta di troppo un’incertezza nel susseguirsi degli avvenimenti, dovuta al troppo non-detto, o, viceversa, al troppo detto in maniera saltuariamente complicata e contorta.
Ma bisogna evidenziare questo perché gridare al capolavoro per ogni atto narrativo dello scrittore della terra d’Albione può diventare addirittura ordinario, e ‘ordinario’ è un termine che non si può proprio accostare a Terry Pratchett.
Voto: 9
[Simone Corà]

Incipit
In principio...
... F.lli Arnold (dal 1905) creò l’Emporio.
Almeno, così credevano le migliaia di niomi che per innumerevoli generazioni erano vissute nei condotti, negli interstizi e nei sottopalchetti della premiata ditta F.lli Arnold (dal 1905), un vecchio e rispettato edificio di grandi magazzini.
L’Emporio era diventato il loro mondo. Un mondo chiuso fra quattro pareti e un tetto.
Il Vento e la Pioggia erano antiche leggende, per loro. E così il Giorno e la Notte. Adesso nel loro mondo c’erano gli annaffiatori automatici e i condizionatori d’aria, e la vita breve e veloce dei nomini era scandita dagli Orari: d’Apertura e di Chiusura. Le stagioni dell’anno erano i Saldi di Gennaio, la Collezione Primavera, le Grandi Occasioni d’Estate e le Strenne di Natale. Guidati dall’Abate e dai sacerdoti dei Cancellieri, veneravano (ma in mondo educato e tranquillo, senza infastidirlo troppo) F.lli Arnold (dal 905), creatore di ogni cosa esistente, ossia dell’Emporio e del suo contenuto.
Alcuni clan di niomi erano diventati ricchi e potenti e avevano preso il nome (più o meno) del piano o reparto dove vivevano: i de Camiceri, i Ferramenta, i Del Icatessen.
Poi, un giorno, nascosti in un camion, giunsero nell’Emporio gli ultimi niomi che ancora vivevano all’Esterno. Questi sapevano che cosa fossero pioggia e vento, eccome. È per questo che non volevano averci niente a che fare.
Tra loro era Masklin, il cacciatore di ratti. Poi c’erano Nonna Morike e Grimma, ma si tratta di donne e non contano. E, naturalmente, c’era la Cosa.