Le regole della paura

di Vincenzo Padovano - pagine 105 - euro 9,00 - Edizioni Bastogi

In questo libro c’è molto “fango”, e la cosa non disturba affatto! Mi riferisco, ovviamente, agli echi del buon Ammaniti che si percepiscono nel modo di trattare la violenza e nell’ironia utilizzata lungo l’intera narrazione. Vincenzo Padovano, al suo primo romanzo, riesce a mettere in scena una vicenda che si svolge in una notte e che, in un circolo vizioso (o virtuoso?) di violenze e colpi di scena, trascina il lettore in modo rapidissimo verso l’ultima pagina.

Senza sfruttare alcun meccanismo a orologeria o sofisticati trucchi letterari, l’autore travolge già dalle prime righe con i fatti, che si susseguono in modo così serrato da sembrare sì inverosimili, ma, considerata l’ironia che impregna ogni riga, da apparire a tratti esilaranti e tutt’altro che scontati.
A ogni pagina, insomma, succede qualcosa, secondo le “Regole della paura” enunciate da uno dei protagonisti. Regole che, seppur essendo un estratto dei cliché cinematografici-letterari portano comunque alla non esistenza di alcuna regola, se non quella del progressivo incremento delle violenze compiute che, in un eccitante “effetto domino” paiono non avere mai fine.
Un plauso va anche al contesto italianissimo, utilizzato per dare credibilità sia al susseguirsi di colpi di fortuna e di sfiga, sia alle alle decine di morti che si conteranno alla fine (una credibilità ironica, s’intende). Marco e Matteo, infatti, sono due ragazzi come tanti: ventenni, universitari, benestanti, superficiali e dediti all’alcol e a qualche droga, ma quando violentano e uccidono a calci una coetanea devono liberarsi del cadavere e intraprendono una vera e propria odissea che durerà l’intera notte. Tra amici della vittima, vicini di casa rompiballe, delinquenti comuni, carabinieri, terroristi, ladri, serial killer, travestiti, agenti segreti e, è proprio il caso di dirlo, chi più ne ha più ne metta.
Ovviamente, le continue sorprese alla lunga sono “telefonate” e potrebbero stancare, ma il libro ha il pregio di fermarsi prima, facendo della sua brevità un antidoto a una simile critica che, con qualche pagina in più, andrebbe sicuramente mossa.
Due cenni anche per la copertina e per il layout, decisamente azzeccati. La prima perché assolutamente lontana dall’ironia che pervade tutto il lavoro, eppure graficamente invitante; il secondo per la sua sobrietà: font, rilegatura e formato, infatti, ne fanno un libro che “si legge bene”. La scrittura di Padovano, infatti, è pulita e semplice, in linea con i fatti raccontati e senza inutili ricercatezze o pretese. A tratti, forse, compare qualche ingenuità, ma sono dettagli che non si notano, se non con una rilettura.
In conclusione un romanzo, breve, semplice e gradevole, che fa della commistione tra violenza e ironia il suo punto di forza e che, senza pretendere troppo da sé stesso, si propone come un buon esordio.
Voto complessivo: 7
[Gelostellato]

Incipit
Il giorno dopo.
«Mio Dio!» strillò Maria Rossi, e promise che, se si trattava di un altro scherzo per spaventarla, allora, quella volta, Matteo non se la sarebbe cavata a buon mercato come quando, a carnevale dell'anno prima, le aveva fatto trovare una serpe di gomma nel lavabo, in cucina.
Passi pure il serpente, ma quel coso era un'esagerazione... un'esagerazione da infarto, e suo figlio la doveva smettere di fare il bambino, tanto più adesso che aveva cominciato a frequentare la facoltà di medicina e sempre che non si drogasse, cosa probabile a giudicare dalla faccia che aveva quella mattina.