di Angela Petrone - pagine 76 - euro 8,00 - Lufilth
Nelluniverso degli scrittori emergenti si è soliti chiudere un occhio di fronte alle evidenti influenze (palesi o meno) che i grandi nomi inevitabilmente esercitano sui novellini. Appoggiarsi a Lovecraft, strizzare locchio a King, prendere spunto da Barker o Lansdale sono involontari atti di ringraziamento verso chi, in fondo, ci ha permesso di fare nostra la penna e ha dato la propria benedizione sui nostri scritti. Poi sarà solo il tempo, e le pagine, a dire se la maturazione ha avuto luogo o se non vi è alcuna possibilità di staccarci e differenziarci (vuoi per paura, vuoi per effettiva incapacità) dai nostri dei letterari.
È quindi una vera sorpresa mettere le grinfie sullesordio di Angela Petrone,
che sin dalla prima parola dimostra di aver bruciato le tappe, in quanto a stile. Fredda,
violenta, disgustosa e spesso insopportabile, Angela ci porta nel suo microcosmo
rigurgitante mostri e innesti cerebrali, medicinali deteriorati e ombrosa sporcizia,
vestendo il mantello di una prose-poem acida e depravata, affascinante e originale.
È infatti in una tortuosa e lacerante scrittura che prende vita la vicenda di Frate
Rostock e dellamante che lo seduce e lo condanna, mentre il tutto presto si immola a
un miasma di folli torture e insostenibili efferatezze.
Ma è purtroppo questo il punto dolente: una trama fin troppo sintetica ed evanescente,
che resta sempre sullo sfondo di una bolgia di virtuosismi carnefici. Va da sé che
lopera sembra effettivamente priva di un inizio e di una fine, vista la mancanza di
qualsivoglia pathos nel presentare i vari avvicendamenti che rendono protagonista Frate
Rostock.
Serve infatti una struttura più solida che possa mantenere in piedi un intreccio che mai
esplode e che risulta addirittura troppo lungo (nonostante le 70 pagine scarse) per quanto
vi è raccontato in esso.
Dare più risalto alle creature con cui la meretrice rinnega latto dunione a
Rostock, rendere più imprevisto e inatteso larrivo del figlio mai nato dallo
scabroso rapporto tra i due, allungare e rimpolpare un finale eccessivamente brusco e
privo di chiarezza (ed evitare di citarlo nella sinossi, per appropriarsi così di un mai
inutile effetto sorpresa). E magari lasciare più respiro allo svolgersi delle situazioni,
limando una masturbazione letteraria a volte solo fine a se stessa. Questi i consigli che
chi scrive si sente di fare, al fine di tener presente per il futuro errori e
accorgimenti, incertezze da scansare e nuovi sviluppi sui quali investire.
Infine, bisogna far presente luso, esteticamente sgraziato, dei segni di maggiore e
minore al posto delle consuete virgolette per il dialogo, e qualche vistoso refuso che
attira lattenzione (come il terribile erroraccio grammaticale che fa bella mostra di
sé a inizio calvario). Questo viene però ricompensato da uno straordinario artwork, che
gioca con oscurità e luce e lascia un vago sentore di malessere.
Mr. Thantos, nonostante le lacune, nonostante gli appunti, nonostante le
segnalazioni, deve essere comunque letto per lo spirito scioccante e provocatorio delle
immagini che Angela sa creare. Come un pugno nei denti. Come acido che scioglie lo
stomaco. Malvagio e spietato.
Voto: 6-
[Simone Corà]
Incipit
O Signora,
increspata nel fango,
ancora umida,
ricoperta di compunzione imbarazzante verso il Figlio.
O Madonna,
rivestita di nivei antifecondativi
come sindone distrutta a morsi,
era un orrore così grave torturarsi tra le piaghe?
In un seminterrato, un Frate è in piedi su di unaltare
scrostato, con lintestino squarciato.
Nel lavandino, una Donna paralizzata, sventrata, con le cosce ricoperte di setole.
Per far fronte alle spese mediche della compagna, il Religioso invitava squilibrati
spettatori che contemplavano la Santa sofferente.