T.R.I.A.M.

di Ragnarock Lopez - pagine 66 - euro 5,00 - Magnetica Edizioni

Tutto crolla intorno a Carras.
A brandelli sparsi, a schegge taglienti, eppure molli, di quella mollezza che solo può avere la carne in putrefazione.
Tutto stagna in una magmatica, incoerente, spessa liquefazione; quasi che lo stato fluido, denso, sia l'unica, sola vibrazione-onda magnetica su cui possa ormai viaggiare la materia.
E il Tutto.

Ma, oltre alla trama io, o meglio, i miei sensi, hanno assaporato, gustato, fino all'ultima particella, molecola vivente della scrittura.
Perché viva è questa scrittura, viva e "vivente". Scossa da quel flusso energetico che solo hanno i germogli delle piante, le rocce e i gas che si sprigionano da carni in decomposizione. In decomposizione per potersi disfare, farsi elementi vitali. Per qualcun altro.
Per noi stessi.
Ho preso un vero piacere a navigare fra queste pagine, brillanti dell'argento sempre vivo che solo ha il mercurio. E quasi, del mercurio, ne ho sentito l'odore (se mai odore ha).
Alchimie "d'acciaio, plastica e cemento", acciaio ancora e polvere. Lampi brillanti e sussurri d'opacità. Ferro, ruggine, e ancora materia.
La materia cristallina dei sentimenti, in disfacimento e rinascita.
Si può scrivere bene una bella storia. Ed è già tanto. Ma si può anche - più raramente - scrivere con parole che si fanno aghi, metalli e sguardi. Sguardi che fissano e non riescono a mettere a fuoco la realtà, perché l'hanno già bruciata, la realtà; e delle sue ceneri si beano.
E io, con loro. Ho messo in sintonia il mio sguardo con quello dell'Autore, gli ho dato la mia mano e mi sono lasciato guidare. Così ho potuto assistere a spettacoli terribili ed emozionanti. Che sento ancora dentro di me.
Posso invitarvi a fare lo stesso?
Voto: 8
[Giovanni Buzi]

Incipit
Il lezzo dei cadaveri sparpagliati in strada era routine. Molto probabilmente, le narici di Carras si erano assuefatte al maleodore ed erano arrivate persino a valorizzarlo, ad amarlo. La decomposizione - il suo sapore oscuro e capriccioso - inondava le strade, le sommergeva, le trasformava in qualcosa che non si era mai visto prima nella storia umana, nemmeno all’epoca della peste.
Nella freddezza di un pomeriggio appena coccolato dalle ultime luci del crepuscolo, la città si disfaceva.
Un uomo si parò davanti a Carras, brandendo una pistola. Tutt’e due non si guardarono nemmeno, non reagirono. Non persero neanche tempo a studiarsi, a riconoscersi vivi, a descriversi mentalmente. L’uomo gli porse la pistola, e Carras l’accolse tra le sue dita come un caro, vecchio oggetto di famiglia. La pistola era leggera, affusolata, elegante.
L’uomo sopperì alla mancanza dell’arma con un coltello a serramanico che, improvvisamente, sfoderò dalla tasca. Il coltello si dispiegò soltanto quando il dispositivo a molla fu sollecitato. L’argento della lama sembrava infame, ma in qualche modo vulnerabile, insicuro. Rilucette di quei pochi bagliori che, sul finire di quel giorno anonimo, ancora si aggiravano nel cielo.
“T.R.I.A.M.” Fu tutto quello che l’uomo mormorò, prima che Carras fiutasse il pericolo, puntasse la pistola sul volto dell’uomo e premesse il grilletto con sufficiente nonchalance.