L'estate della paura

di Dan Simmons - pagine 644 - euro 17,50 - Gargoyle Books

1960: è tempo di festa a Elm Haven, piccola cittadina dell’Illinois. È appena arrivata l’estate, e con essa è finalmente finita la scuola. Cinque ragazzi di dodici anni si apprestano quindi sorridenti a vivere spensieratamente i tre mesi di caldo, sole e giochi che li aspettano. Ma in realtà, ad attenderli c’è anche qualcos’altro. Un’entità mostruosa che si sta risvegliando a poco a poco, una minaccia che ha a che fare con la Old Central, l‘immensa scuola appena chiusa, con un terribile evento accaduto sessant’anni prima, e con una leggenda che è più reale di quanto si possa credere.

La sempre più sorprendente Gargoyle Books ristampa, con una nuova grafica e una nuova traduzione, più attenta e letterale, il pluriosannato romanzo di Dan Simons - una delle poche incursione in territorio orrorifico da parte del maestro di Peoria - precedentemente pubblicato da Mondatori negli anni ’90 (le cui copie, ormai introvabili, si aggirano per le aste a prezzi altisonanti).
La prima impressione è quella di trovarsi nei territori del Re, Stephen King, e della sua opera più acclamata, IT. In effetti, gli elementi sono praticamente gli stessi del capolavoro kinghiano: un gruppo di adolescenti che crescono, il male che risorge ciclicamente, e la lotta contro l’ignoto come passaggio dall’essere bambini all’età adulta.
Ma Simmons non è King, e al di là di una differente struttura narrativa, lo si capisce subito da uno stile di scrittura più ampolloso, votato alla descrizione del più insignificante particolare, e soprattutto dalla mancanza di una sorta di disincantata ironia che pervadeva il romanzo del Re.
Simmons in effetti può essere ostico, più che altro nel principio del romanzo, davvero troppo enfatico e immobile. E comunque si può scorgere sino alla fine una sua volontà di spiegare, parlare, raccontare, esporre, sbrodolare, caratteristica che, continuando il paragone, supera ampiamente anche le ultime chilometriche prove di King.
D’altro canto, in questa maniera, Simmons è in grado di regalare immagini di straordinaria intensità e di magia narrativa, che toccano l’apice nella lunghissima sezione dedicata alla lotta col fango tra il gruppetto di protagonisti e i loro amici-rivali, e in un riuscito finale che abbonda di liquami, mostruosità informi e viscide protuberanze tentacolari.
A proposito del soprannaturale, allora, bisogna rendere conto a Simmons di lasciare incantati con la sua capacità di centellinare le informazioni dedicate alla misteriosa Old Central e all’inferno che la circonda, trasportando il lettore in un vortice di insaziabile curiosità. Curiosità sapientemente soddisfatta alle porte di un finale rivelatore che, per fortuna, manca della spiegazione certosina da parte del malvagio di turno - al fine di dimostrare la sua superiorità dinanzi a cinque bimbetti troppo spavaldi per la loro età. Ed è essai intelligente il modo in cui l’autore raggira questo fastidioso particolare che infesta la maggior parte dell’universo cinematografico-letterario (e da qualche tempo a questa parte anche ludico, perché no).
Spendere ancora parole sulla penna di Simmons e sul modo in cui dà vita a un manipolo di eroi credibili e realistici - così come alla controparte malvagia - risulta poi superfluo, in virtù della maestria con cui dipinge Dale e i suoi amici, coraggiosi difensori dell’età innocente, e della dettagliata e disgustosa ricerca dell’orrido nell’entità maligna che infesta Elm Haven.
L’estate della paura, comunque, non risulta privo di difetti, sia chiaro. L’eccessiva lunghezza è la prima segnalazione da fare, e di conseguenza il già accreditato fiume di parole veramente inarrestabile dello scrittore statunitense. È giusto anche criticare il personaggio della pestifera Cordy, davvero troppo marcio e sgradevole per poter essere apprezzato in pieno, nonostante il carisma a volte irresistibile che distingue la ragazzina. E infine, per essere completi, in un romanzo di formazione quale è il titolo in questione, manca forse un riferimento ben più marcato a una storia d’amore (o come la si voglia chiamare, quando si hanno dodici anni o giù di lì), passaggio necessario e immancabile di ogni ragazzino che si rispetti: perché anche il continuo riferimento a Michelle Stafney (e l’effettiva freccia di Cupido che arriva verso la fine del romanzo) è probabilmente ancora troppo poco per l’universo maschile disegnato da Simmons.
A ogni modo, queste non sono che piccolezze, fastidiose e immancabili precisazioni che bisogna scrupolosamente trovare in un lavoro di tale spessore, che non inficiano assolutamente sul risultato finale, ma che lasciano invece sperare che la perfezione in questo genere Simmons l’abbia raggiunta con il seguito, A winter hunting, che sempre Gargoyle Books pubblicherà per la prima volta in Italia nel corso del 2007. Voto: 8
[Simone Corà]

Incipit
La Old Central School si ergeva ancora imponente, racchiudendo saldamente all’interno i propri silenzi e i propri segreti. La polvere di gesso accumulata nell’arco di ottantaquattro anni fluttuava intrappolata nei rari raggi di luce solare che penetravano al suo interno, mentre i ricordi di oltre otto decenni di mani di vernice salivano le scale e dai pavimenti scuri per diffondere nell’aria imprigionata odore di mogano - l’odore delle bare. Le pareti erano talmente spesse da dare l’impressione di assorbire i suoni, le alte finestre tingevano l’aria di una stanca tonalità color seppia con i loro vetri deformati e distorti dal tempo.
Se pure scorreva, il tempo lo faceva con maggiore lentezza dentro la Old Central, dove i passi echeggiavano lungo i corridoi e su per il pozzo delle scale con suoni che parevano soffocati e fuori sincrono rispetto a qualsiasi movimento visibile nell’ombra. La sua prima pietra era stata deposta nel 1876, l’anno in cui il generale Custer e i suoi uomini erano stati massacrati vicino al fiume Little Big Horn, nel lontano West, lo stesso anno in cui il primo telefono era stato esposto nel corso della Fiera del Centenario, a Philadelphia, nell’altrettanto lontano Est; la old Central School era stata costruita nell’Illinois, a metà strada fra quei due eventi, ma lontana dal fluire della storia.