di James G. Ballard - pagine 198 - euro 6,71 - Baldini e Castoldi Dalai
Un banalissimo incidente stradale, unisola triangolare di terra in cui il mare è
rappresentato da tre autostrade e una serie di coincidenze sfortunate. Questo è il mix
con cui James Ballard crea una situazione che oscilla tra il surreale, il
terrificante e lintimismo, pur sempre ancorata ad un solido contesto reale e
credibile.
Robert Maitland è il protagonista di questo incubo metropolitano londinese: un normale
uomo daffari che rimane prigioniero di unisola spartitraffico, dove per
diverse coincidenze, nessuno viene a cercarlo o capisce che ha bisogno daiuto.
Come
recita la quarta di copertina, Maitland è un borghese come tanti, con una moglie,
un figlio, unamante e una magnifica Jaguar, non necessariamente in ordine di
valore. È proprio lincubo che vive uno come lui, tipico esempio di uomo
daffari moderno, con tutte le contraddizioni legate allo stress e alla
superficialità, che lo porta a compiere un viaggio mentale che attraversa situazioni di
gioia e di angoscia, di terrore e di tenerezza. Senza potersi allontanare fisicamente
dalla sua prigione, Maitland vede crescere listinto di sopravvivenza e la
disperazione, per passare ad altre ed impensabili emozioni quando scopre di non essere
solo. Forse non sarà uno dei capolavori di Ballard, ma Lisola di
cemento è senza dubbio un romanzo riuscito, sia per la sua costruzione e
lidea che lo regge, ma soprattutto per la metafora spirituale che ne accompagna gli
eventi. Voto: 7,5
[Gelostellato]
Incipit
Poco dopo le tre del pomeriggio del 22 aprile 1973, un architetto di trentacinque
anni di nome Robert Maitland procedeva sulla corsia di sorpasso in uscita dallo svincolo
di Westway, Londra centro. A seicento metri dal nuovo raccordo con l'autostrada M4, quando
la sua Jaguar aveva già superato il limite di velocità di 120 kmh, il pneumatico
anteriore sinistro scoppiò. Rimandata dal parapetto di cemento, l'esplosione d'aria
sembrò detonare nel cranio di Robert Maitland. Nei pochi secondi precedenti l'urto, lui
strinse forte le razze imbizzarrite del volante, intontito per aver battuto la testa
contro il montante del finestrino cromato. L'auto sbandò sulle corsie libere, da un lato
all'altro della strada, accompagnata dalle sue mani che sembravano le mani di un
burattino. Il pneumatico si disintegrò, lasciando una scia nera e obliqua sulla
segnaletica bianca che seguiva l'ampia curva della banchina autostradale. Ormai
incontrollabile, la vettura sfondò i cavalletti di legno che formavano una barriera
provvisoria sul ciglio della strada e, abbandonando l'asfalto, si tuffò nella scarpata
erbosa per fermarsi trenta metri più in là, contro lo chassis arrugginito di un taxi
capovolto. Uscito quasi incolume da quel dritto terrificante che per poco non gli era
costato la vita, Robert Maitland si abbandonò sul volante, con la giacca e i pantaloni
disseminati di frammenti di parabrezza che sembravano lustrini del varietà.