La stagione delle piogge

di Roby Paglianti - pagine 344 - euro 10,00 - Editrice Laurum

Viareggio. In una fredda e piovosa giornata d’inverno viene ritrovato il cadavere di Attilio Tempesti, agente di viaggi e appassionato di fotografia. L’uomo giace riverso sulla scrivania, stringe fra le dita un lecca lecca e alle sue spalle campeggiano una serie di fotografie ritraenti una donna nuda in pose innaturali. Qual è il significato delle fotografie sistemate dietro il cadavere? Si tratta forse di un oscuro messaggio lasciato dall’assassino? Sono questi gli interrogativi della nuova indagine del commissario Arrighi, personaggio creato dalla fantasia del viareggino Roby Paglianti.

Lo scrittore-poliziotto, affezionato frequentatore del nostro sito è gia al suo secondo romanzo. Nel 2004 Roby infatti ha pubblicato “Spaghetti e delitti” (romanzo segnalato al premio di narrativa poliziesca inedita “Delitto d’autore 2004”) che segna il debutto del burbero commissario Arrighi.
Roby è anche autore di numerosi racconti polizieschi pubblicati in antologie insieme alle opere di autorevoli giallisti italiani.
Su Scheletri.com invece l’autore è conosciuto soprattutto per la sua produzione horror a tinte forti e leggendo “La stagione delle piogge” sono rimasto piacevolmente sorpreso nello scoprire questo lato nascosto della sua scrittura.
Senza nulla togliere alla sue opere horror, secondo me Roby dà il massimo nella veste di giallista. Sfrutta con maestria tutti i trucchi del mestiere: riesce a ricreare affascinanti atmosfere cariche di mistero, caratterizza in maniera eccellente i suoi personaggi e tiene sempre alta l’attenzione del lettore fino all’ultima riga.
Con una delicatezza che contrasta con il resto della sua produzione lo scrittore descrive una Viareggio cupa, claustrofobica, avvolta nella gelida pioggia che fa da colonna sonora a quasi tutto il romanzo. I suoi personaggi prendono vita, si muovono con scioltezza fra le pagine del libro e non si può fare a meno di affezionarsi al simpatico commissario dal cuore duro e ai suoi strambi collaboratori.
Così, fra un bicchiere di buon vino, una scorpacciata a base di pesce ed altre leccornie toscane, Arrighi ci conduce lentamente verso la soluzione dell’enigma con il classico colpo scena.
“La stagione delle piogge” ci presenta un Paglianti sicuramente più maturo, che riesce a trasmettere fra le pagine del romanzo l’attaccamento alla divisa, la grande passione per la scrittura e soprattutto l’amore per la sua Viareggio.
Voto: 8

Incipit
Il tamburellare della pioggia sul tettuccio dell’auto civetta faceva da sottofondo a quell’ennesima serata di maltempo. L’ispettore Arrighi e il fido Tony, chiusi dentro l’abitacolo della vecchia Arna, attendevano da ore il loro uomo. Il panno di pelle aiutava i due sbirri a mantenere una visuale accettabile.
Arrighi aprì il termos e un alito di caldo vapore ne fuoriuscì come un mago da una lampada.
<<Ne vuoi un po’?>>
<<No, ispetto’, la ringrazio. E’ da stamani che bevo un caffé dietro l’altro. Non ce la faccio più>>.
<<A chi lo dici!>>.
Erano ormai due settimane che andavano avanti così, senza alcun risultato; due settimane di rigido inverno, come lo avevano definito alla tv: cielo scuro, per giorni interi, e fitte piogge scaraventate a casaccio da improvvise folate di vento.
Le indagini erano partite un mese prima grazie alla soffiata di un uomo di fiducia di Tony. Aveva detto: <<Il Cadavere, così lo chiamano, gestisce un traffico di droga, da Viareggio verso i locali della costa. Gestisce tutto tramite il suo computer. Fa gli ordini da internet e smercia la roba sempre con il computer. Non esce mai di casa. E’ per questo che lo chiamano “Cadavere”: rintanato in quell’appartamento neanche fosse una tomba>>. La soffiata era alquanto bizzarra, ma l’uomo di fiducia non aveva mai deluso né Tony né Arrighi. Bisognava capire come la droga giungesse nella sua abitazione e come riuscisse a smerciarla senza dare nell’occhio. Un lavoro lungo e ingrato.
La pioggia continuava a battere petulante sul parabrezza dell’Arna in borghese. Arrighi avrebbe avuto a disposizione un buon parco auto, nel quale poter scegliere a proprio piacimento, ma riteneva tutte quelle auto da sbirro e le evitava come la peste. Sceglieva sempre la solita vecchia Arna, con il portachiavi a forma di bara. Nessuno avrebbe potuto immaginare che si trattasse di un auto della Polizia.