13 racconti dark

di Riccardo Gazzaniga - pagine 253 - euro 15,00 - Editore Lampi di Stampa

13 racconti in cui l’insolito, inteso come soprannaturale ma non solo, la fa da padrone, inatteso e spesso scioccante come un impossibile 13 fatto coi dadi, indovinata immagine di copertina. L’antologia è la prima pubblicazione di un giovane autore con una già più che decennale esperienza come scrittore di racconti di genere horror e non solo. Difatti non sono soltanto creature della notte a popolare queste pagine, anche se possiamo trovare in La ricorrenza o Rarità esempi di notevoli e angosciose ghost stories e in Genesi la rivisitazione di un classicissimo mito del genere: c’è anche spazio per il noir più cupo, storie di vite al margine della legalità e depravazione che giungono al fatale epilogo, come in Storia cinematografica circoncisa o Aspettando Paolino.

In più, il racconto apripista della raccolta, La fuga, in cui l’insolito, l’angoscioso, si manifestano in un frammento di incubo che è davvero riduttivo e fuorviante definire “horror”.
È una piacevole sorpresa questa antologia, in quanto i racconti indubbiamente “catturano” facendosi leggere l’uno dopo l’altro. Intendiamoci: lo scopo che l’autore raggiunge non è, tranne qualche caso, come in La fuga, quello di fare rivoluzioni, anche piccole, nel genere. La maggior parte dei racconti sviluppano idee piuttosto semplici, l’ABC del genere sovrannaturale, o situazioni canoniche del racconto noir. Non manca qualche peculiarità: spesso e volentieri la classica ghost story si fonde con elementi di crime story e poliziesco, come avviene ad esempio in Chiaro di luna e Ricorrenza (uno dei racconti più convincenti, un altro è il sorprendente e delicato Leonardo). L’autore del resto ha una esperienza più che decennale nelle forze di polizia, il che gli consente di dare a racconti come Il messaggero, Aspettando Paolino e Il gigante e la bambina, un alone di veridicità e concretezza che li rende più “persistenti” nella mente a lettura conclusa. Lo scopo dichiarato da Gazzaniga nella breve postfazione è in realtà “raccontare le sue storie nel modo migliore possibile”. E in verità ci riesce, forte di uno stile solido e di una buona padronanza delle figure retoriche, delle tecniche descrittive e dei tempi della narrazione. Si avverte molto lavoro di limatura nello stile dei racconti, che pur essendo ricco di particolareggiate descrizioni e uso di flashback non risulta mai stucchevole o eccessivamente letterario, e (quasi) mai prolisso. Al contrario, in questo modo, scrivendo in modo particolareggiato ma dinamico Gazzaniga riesce a muoversi a suo agio in diversi scenari, siano essi città dei giorni nostri, Genova, Lugano o la piccola provincia italiana, cimiteri di campagna abbandonati, eventi sportivi con sconvolgenti retroscena o la buia Romania medioevale, mantenendo la capacità di raccontare in modo serrato, con una capacità descrittiva e un ritmo narrativo quasi cinematografici.
Per il resto, il libro appare ben confezionato, buona qualità di stampa e grafica. L’unico appunto: il lavoro di editing è perfettibile dell’aggiunta di qualche virgola. Ma è davvero un piccolissimo neo per l’antologia, opera prima di un autore che vi consiglio di tenere d’occhio.
Voto: 7
[Vincenzo Barone Lumaga]

Incipit dal racconto "Fuga"
Matthew volava sull’asfalto bagnato.
I piedi mulinavano senza più ritmo, colmi di disperata frenesia mentre il cervello ordinava solo di correre. La mente aveva perduto ogni briciola di lucidità, prigioniera di una paura folle, carceriera di sé stessa.
Il respiro frequente creava un susseguirsi di nuvolette umide di condensa nell’aria pregna di pioggia di inizio autunno, se mai poteva esistere una stagione nel luogo senza colore in cui era perduto.
L’acqua cadeva scrosciante sul corpo fradicio del ragazzo coperto solo dalla canottiera. Tremava per il freddo ed il gelo gli era addosso, ma soprattutto dentro, ghiaccio pompato nel cuore, nei polmoni, nel sangue, nelle vene. Ma lui continuava a correre. Non aveva scelta.
Sapeva che non doveva voltarsi perdendo istanti preziosi: girarsi avrebbe solo accelerato la sua fine.
Ciononostante desiderava guardare, sapere.
Si voltò con il viso ridotto ad una maschera di sudore, fatica, paura. Per l’orrore gli occhi gli si sgranarono, le pupille si dilatarono come fosse un gatto emerso dalle tenebre nella luce del giorno.
Il tempo che ebbe per osservarli durò lo spazio di un secondo, ma gli fu sufficiente a vederli.