Hotel Transilvania

di Chelsea Quinn Yarbro - pagine 348 - euro 16,50 - Gargoyle

Se oggi, in Italia, vengono ancora pubblicati libri horror, il merito va anche alla Gargoyle Books.
Se oggi, in Italia, vengono pubblicati esclusivamente autori americani e inglesi, la colpa va anche alla Gargoyle Books.
I motivi di questo monopolio angloamericano sono molteplici (e nessuno di questi riguarda di certo il fatto - pensiero ridicolo - che gli autori inglesi e americani scrivano meglio di quelli delle altre nazioni); mi limiterò a sottolinearne due, uno interno e l’altro esterno.

La situazione editoriale americana è decisamente più florida rispetto a quella degli altri paesi e per gli autori esistono molte più possibilità che altrove, basti sottolineare l’esistenza di figure professionali come l’agente letterario, creatura sconosciuta nel nostro paese. L’altro motivo al quale accenno è molto più triste: l’Italia è diventata da tempo una colonia americana, e in ogni campo, soprattutto in quelli che riguardano la sfera culturale e artistica, non si fa altro che copiare e importare modelli e prodotti americani. I risultati sono sotto gli occhi tutti.
Così eccoci di fronte all’ennesima scrittrice americana: Chelsea Quinn Yarbro scrive da quarant’anni ed è autrice di una settantina di romanzi, venti di questi tomi appartengono alla saga del conte di Saint Germain.
In questo libro affronta una figura d’obbligo: quella del vampiro. Nonostante il lavoro di documentazione e gli illustri predecessori, la figura di Saint Germain creata dall’autrice non possiede né il fascino, né il carisma nè la sensualità che dovrebbe, o secondo un’altra visione, i poteri, la forza o la bestialità delle creature della notte.
Quello creato è un personaggio incredibilmente anonimo e scialbo. Il vampirismo è solo un pretesto, utile a giustificare le peregrinazioni lungo i secoli del conte. Nelle intenzioni dell’autrice vi è il tentativo di evidenziare il vampirismo attraverso gesti latenti, facendolo aleggiare e intuire come se guardassimo dietro cortine impalpabili; tuttavia il tentativo esplicitato rimane solo una pretesa non concretizzata dalla narrazione.
Le descrizioni sono eccessivamente pesanti e inutilmente lunghe, invece di creare un’atmosfera adeguata provocano torpore nel lettore; insomma la Rice con le sue descrizioni barocche e magniloquenti è distante anni luce da questi lidi. La trama è semplice e lineare, e si sviluppa in maniera tutto sommato prevedibile; in effetti non succede molto in questo primo libro: senza le descrizioni di ambienti, vestiario e gesti secondari eccessivamente prolissi, sarebbero state sufficienti una trentina di pagine invece delle trecento e passa.
Comincio a comprendere come mai esistano addirittura venti libri di questa saga...
Il lavoro di documentazione e l’attenzione in fase di ricerca sono sicuramente da elogiare, ma all’atto pratico invece di aiutare l’autrice nel definire l’atmosfera si rivelano controproducenti.
Se volete leggere romanzi sui vampiri editi dalla Gargoyle Books, Hanno Sete di Robert McCammon e Di Santi e di Ombre (primo volume di una saga) di Christpher Golden (guarda caso due autori americani...) sono sicuramente superiori a Hotel Transilvania.
Per coloro che invece hanno apprezzato le gesta del conte, ricordo che la Gargoyle ha già pubblicato il secondo volume, Il Palazzo, e per ottobre è previsto il terzo, dal titolo Giochi di Sangue.
In conclusione la Gargoyle ha ottime potenzialità e il futuro in mano, non mi è difficile prevedere e augurare alla casa editrice nostrana un ruolo di primo piano nel panorama orrorifico librario, soprattutto se accanto alla cura d’immagine dei suoi libri (grafica e impaginazione accattivanti, massima cura per ogni dettaglio, carta bianca per le pagine; i miei occhi si sono posati su un unico e isolato refuso su trecentocinquanta pagine, con volumi Mondatori e Feltrinelli la percentuale è mediamente più alta...) si accompagneranno scelte di autori più variegate e accurate (anche se per l’immediato futuro non sono previsti cambi di rotta: Masterton, McCammon, ancora la Yarbro, addirittura la ristampa di un volume già edito in italia solo dieci anni fa - L’estate della paura di Dan Simmons -. L’unica eccezione al monopolio angloamericano prevista è Magia Rossa di Gianfranco Manfredi, ma anche qui si tratta della ristampa di un volume già edito, 1982 da Feltrinelli e nel 1993 da Mondatori... insomma niente di nuovo sotto al sole).
Avendo citato altre vie e scene letterarie, mi sembra doveroso segnalarne almeno una, quindi mi sento di suggerire ai lettori di provare a sfogliare per esempio il volume Psycho Ghost, edito della Prospettiva editrice, limitativamente agli undici autori tedeschi presenti (i racconti di autori italiani, a parte un paio di piacevoli eccezioni, sono decisamente inferiori).
Uno dei rari casi di autori horror tedeschi contemporanei tradotti qui in Italia (ma che in Germania sono noti e hanno pubblicato già numerosi romanzi, mai pervenuti sulla nostra penisola); se si sorvola sulla traduzione non sempre all’altezza e che penalizza in alcuni casi i racconti, si può ammirare la creatività, la personalità e la freschezza dei mondi inventati da questi autori, e magari accorgersi che esistono altre vie all’horror.
Solo così , guardando altrove dai piatti modelli angloamericani pieni di stereotipi ormai consolidati si può scongiurare l’appiattimento di una scena che sforna romanzi fotocopia, hamburger-horror tutti uguali di librerie e case editrici sempre più simili a McDonald’s che offrono un solo possibile cibo.
Voto: 5
[Ian Delacroix]

Incipit
Da una lettera della Contessa d’Argenlac a sua nipote Mademoiselle de Montalia, del 13 settembre 1743:
…La serata prevedeva un intrattenimento musicale e la signora Duchessa ha riunito nel suo salotto una compagnia di grande talento. Alla serata ha presenziato, senza suonare, persino Rameau, benché tristemente invecchiato. Mademoiselle la Travellon ha cantato ballate italiane mentre i Musicisti del Re hanno eseguito alcune deliziose arie per archi.
Partecipava anche Saint-Germain - non il conte Louis, ma un alto misterioso gentiluomo giunto da Parigi solo lo scorso maggio - che ha suonato diversi pezzi di sua composizione al violino e al clavicembalo. Rameau si è congratulato con lui, aggiungendo che molti anni prima, nel 1701 o nel 1702, aveva conosciuto un musicista che gli assomigliava molto e che all’epoca aveva circa cinquant’anni, mentre Saint-Germain non ne ha più di quarantacinque.