di Eliselle - euro 8,00 (con cd 12 euro) - Nicola Pesce Editore
Staccarsi da terra e volare, o restare bene ancorati al suolo?
Tentare un salto verso lalto, il sublime, il Meraviglioso, o tentare di vedere la
realtà per quella che è, per quella che dovrebbe essere?
Trasformare il proprio corpo in unesplosione denergia luminosa, in diretto
contatto con lImmenso Tutto? E così rintracciare quelle onde sonore, quei ritmi che
vibrano da sempre, inudibili, allinterno delle montagne come ai confini delle
galassie?
Si resta senza fiato. Si cade poi a terra, su quella terra che si voleva abbandonare e
che, inesorabilmente, ci richiama a sé, ci attira come una pagliuzza di ferro una
calamita. E restare così immobili. Immobili.
I toccanti (e poetici) personaggi di Ecstasy Love di Eliselle sono tutti abitati da queste forze contrastanti: lo slancio verso lalto e una
gravitazione che li vorrebbe legare alla terra. Ancora. Sempre.
Che fare?
Rassegnarsi a percorrere una strada che già - altri - hanno in vari modi deciso per noi,
o mandare tutti FANCULO? A lettere cubitali. Senza possibilità
dequivoco.
Aut aut.
Impossibile una mediazione?
Difficile.
E i corpi e le menti restano goffi tentativi di volo. Attuali Icaro, i personaggi di
questo romanzo agitano le braccia e vedono il sole avvicinarsi, sempre più, sempre più
brillante, accecante! La luce e il calore bruciano gli occhi, essiccano le lacrime.
Impossibile, anche il pianto. Impossibile, anche un solo abbraccio; come questi corpi
elettrici si sfiorano, si materializzano scariche denergia fatta rabbia, violenza.
Corpi che solo vorrebbero potersi accarezzare. Ancora.
Resta ustionata Fra, la protagonista diciassettenne, dal primo abbraccio, dal primo
tentativo di conoscenza sessuale dellaltro da sé. Anche lei che non tenta Sublimi
Voli, ma, da aspirante techno-infermiera, osservava il mondo dellecstatica notte col
timore e lattrazione di unAlice nel Paese delle Meraviglie. Troppo
meraviglioso quel Paese per esser vero. Vera è solo langoscia in cui viviamo e che
vorremmo, in ogni modo, ditruggere, disintegrare. In ogni modo.
Chiudendo questo libro, lo sguardo mi si è attardato sulla copertina; un celeste cielo su
cui sono ordinate, in un rettangolo, tante piccole forme arrotondate, colorate. Uova del
Paradiso (artificiale). Uova che, sicuro, si schiuderanno, un giorno (anzi, una notte) e
ci mostreranno la vita comè: un meraviglioso, terribile attimo che fugge. Sempre
troppo in fretta. Sempre dolorosamente. Dolorosa mente.
Grazie Eliselle daver voluto condividere questattimo con me, con noi. Voto: 8
[Giovanni Buzi]
Incipit
La luce si propaga a una velocità finita. Questa velocità è una costante
fisica, indicata da una lettera. La c. Amanti del latino, questi fisici snob. C come Celeritas,
velocità. La velocità della luce nel vuoto è costante e viene misurata con c uguale a
299.792.458 metri al secondo. Il suono non è così veloce. Non è nemmeno lontanamente
paragonabile. La velocità del suono nellaria è di circa 340 metri al secondo. Se
poi si calcolano tutti i fenomeni annessi e connessi con la propagazione delle onde
sonore, la loro velocità si riduce notevolmente. Rifrazione, assorbimento, diffrazione,
risonanza, interferenze, battimenti. E così, quando arriva un temporale, vediamo prima il
lampo e poi, solo dopo lunghi secondi, sentiamo il rombo del tuono. Mi avevano rotto le
palle per un anno intero di liceo, io che odiavo fisica e la ritenevo una materia
perfettamente inutile alla mia presenza (casuale) e sopravvivenza (difficile) su questa
terra. Non mi entrava in testa niente, ero impermeabile a tutte le informazioni, formule,
regole, calcoli, e il mio cervello non ne voleva sapere. Non si ricordava niente. Per
questo motivo, ancora mi domando come mai, quando è successo, mi è tornato in mente
tutto. La prima cosa che mi sono chiesta è stata: Non è così che funziona.
Perché prima il suono, poi la luce?
Ho sentito prima il rumore secco, lo schianto della lamiera che si
accartocciava su se stessa. Lo schiocco violento del vetro che andava in mille pezzi,
sgretolandosi come zucchero. Frammenti e schegge addosso a me, a chi mi sedeva di fianco.
Luca. Avevo la cintura che mi teneva stretta e mi sembrava di soffocare. Ero schiacciata
sul seggiolino e il volante mi premeva sullo sterno. Soltanto dopo ho visto la luce. Un
fanale che non era il mio mi puntava dritto sulla faccia e non potevo vedere altro che
quello. Un fascio potente di particelle luminose illuminava il mio viso e io non capivo.
Non capivo nulla. Sentivo dolore alla spalla sinistra, alle braccia, alla testa. Tutto
qui. In quei momenti non sai come reagisce il cervello per impedire al corpo di soffrire.
Per non impazzire. Il mio per difendersi mi ha inondato di leggi e nozioni e formule di
fisica. Sono riaffiorate come un fiume in piena. Mi hanno travolto. Ma ho continuato a non
capirci nulla. Avevo appena scoperto che il mondo era fatto al contrario di quello che
stava scritto sui libri che studiavo ogni giorno. Non aveva il benché minimo senso.
Doveva arrivare prima la luce, poi, solo dopo, il suono. È più lento.