Orchidea

di Alessandro Maiucchi - pagine 134 - euro 12,00 - Traccediverse

La tranquilla vita degli abitanti di Annapolis viene improvvisamente sconvolta dalla barbara uccisione di alcuni uomini in vista della città. Gordon Crowd, il poliziotto incaricato delle indagini, scopre che l'artefice degli omicidi è una splendida donna che, dopo aver sedotto le proprie vittime, le evira e tortura in modo selvaggio.
Intorno alla vicenda della "Tagliatrice di teste", così battezzata dai giornalisti la misteriosa serial killer, ruota la storia dello scrittore Neil Stiffle e di Iris, una spogliarellista dal torbido passato.

Se cercate un buon thriller che sappia mixare con sapienza sesso e violenza, "Orchidea" di Alessandro Maiucchi è quello che fa per voi. Questo libro infatti, oltre ad offrire dosi abbondanti di emozioni a tinte forti, descrive con cruda efficacia quanto terribile può essere la vendetta di una donna che ha subito delle violenze, ovvero quando la vittima diventa carnefice... Voto: 8

Incipit
"Tapparsi il naso e la bocca con le mani, e continuare così finchè il cervello non si fosse spento. Sentiva che quello era l'unico modo per smettere di soffrire. Qualcuno gli aveva detto che il dolore poteva portare la gente alla pazzia, ma non gli aveva voluto dare ascolto. Fino a quel giorno. Sentì le sue sensazioni appannarsi, il mondo diventare opaco. Come pioggia, le lacrime. Mai più il sole, nel cielo dei suoi occhi."
Neil era pronto.
Selezionò dal menu Salva, poi Conferma, quindi con una serie di clic pose idealmente la parole FINE sulla sua ultima fatica.
Anche questa era fatta. Il suo quinto romanzo era concluso.
Tanto tempo fa si sarebbe concesso una bottiglia, ma ora era pulito: avrebbe optato per un barattolo di gelato alla menta, con scaglie di cioccolato.
Si passò le dita sugli occhi, e sentì le palpebre fargli male. Non toccava il letto da quasi tre giorni, e anche il divano non mostrava più l'impronta del suo corpo sdraiato. Aveva provato a distendersi, un'ora prima, per concedersi un breve riposo in attesa del rush finale, ma non ce l'aveva fatta. Aveva voluto terminare: se si pensa troppo a quello che si vuole scrivere si finisce per non dire quello che si ha intenzione di dire.
Era una cosa che non sopportava.
Si alzò dalla sedie girevole, inarcò la schiena mugolando mentre le sue verterbre scricchiolavano, quindi si avvicinò al vetro della grande finestra che si affacciava sul giardino.
Immaginò di trovarsi dietro il pino che si ergeva a circa trenta metri dal suo punto d'osservazione: avrebbe visto la sagoma di una casa immersa nell'oscurità e la luce soffusa del lume che rischiarava quel grosso rettangolo appeso al nulla.
L'immagine gli diede i brividi.
Si voltò verso il divano, si inginocchiò sul cuscino di destra e si lasciò cadere verso quello opposto, a pancia sotto. Poi mise la testa nell'incavo tra il cuscino e lo schienale, come faceva da bambino, e diede sfogo alle sue lacrime.