Ultimo appello

di Salvo Toscano - pagine 159 - euro 13,00 - Dario Flaccovio Editore

Palermo. Una donna viene brutalmente assassinata dentro il proprio appartamento, poche settimane dopo un'altra giovane segue lo stesso destino, questa volta per via di un pirata della strada. Per motivi professionali i due fratelli Corsaro indagano su queste morti che all'apparenza non hanno nessun legame tra loro.

Roberto Corsaro, ipocondriaco e amante della lirica, è l'avvocato difensore del marito di una delle vittime, suo fratello Fabrizio, donnaiolo con la passione per Terence Hill e Bud Spencer, è il giornalista a caccia della verità.
Se cercate un giallo ricco di colpi di scena, divertente e da leggere tutto d'un fiato "Ultimo appello" è quello che fa per voi. Lo stile narrativo del bravissimo Salvo Toscano è brillante, ironico, a tratti spassoso e mai banale; la trama, ben costruita, è caratterizzata dall'alternarsi dei punti di vista dei due protagonisti. Da leggere! Voto: 8/9

Incipit
I vecchi amici sono come quegli aliti gentili di brezza che salgono dal mare nell'afa dei pomeriggi di giugno. Quando te li vedi comparire davanti, nei percorsi misteriosi che la vita ti impone, ti pervade un senso di ristoro che dalla bocca dello stomaco galleggia su fino ai muscoli facciali, distendendoli in un sorriso. Solo in un secondo momento, che segue con soprendente rapidità alla prima reazione, il cervello si prende la briga di far calcoli sul tempo trascorso dall'ultimo incontro con la persona in questione e decreta verdetti di invecchiamento con una semplice sottrazione.
Questo fu quanto mi accadde il pomeriggio di settembre che Santo Miraglia venne a farmi visita allo studio. Ora, che Palermo vive a maggio e settembre i suoi periodi di massimo splendore è per il sottoscritto verità dogmatica. Le tiepide temperature settembrine, il sole delle cinque del pomeriggio che si posa su Monte Pellegrino, il venticello che si fa sentire nelle giornate più fortunate. Un idillio che mi mette in pace col mondo e fa pendere dal lato buono la mia bilancia odio-amore per la Felicissima Città.
Dunque, il mio umore gravitava già a grandi livelli e l'apparizione del buon Santino lo allietò ulteriormente. Almeno per i pochi secondi nei quali il senso di ristoro di cui ho appena parlato percorreva il tragitto stomaco-bocca per trasformarsi in sorriso. Poi, inevitabilmente, il cervello si intromise e si avvenutrò in calcoli. E stabilì che erano almeno dieci anni che il faccione pieno di Santino Miraglia, detto Mitraglia, non si faceva vedere dalla mie parti. Dieci anni, eravamo davvero invecchiati.
Conservava più o meno la stessa fisionomia dei tempi del liceo classico. Rotondo, bassotto e stempiato. Gli occhi grandi e furbi ora erano marcati da qualche ruga ma conservavano la stessa contagiosa simpatia. Per un paio d'anni dopo la maturità mi era capitato di incontrarlo in qualche locale. Poi, chissà come funzionano queste cose, niente più, un black-out totale. Santo Mitraglia, compagno di banco di Manlio Passalacqua detto Sifone di Duilio La Marca in arte Petardo. Tempi d'oro, gli anni di Maradona e del grande Ayrton. E Santino, con il suo vespone truccato che scoppiettava mitragliando come il suo proprietario.