Il talento di Mr. Ripley

di Patricia Highsmith - euro 13,43 - pagine 295 - Bompiani

Dagli Stati Uniti, lo squattrinato e intraprendente Tom Ripley viene incaricato dal ricco signor Greenleaf di recarsi a Mongibello, una località balneare vicino a Napoli. Obiettivo del viaggio è riportare a casa Dickie, il figlio ribelle del vecchio Greenleaf.

Affascinato dagli agi in cui vive il giovane Dickie e dalla possibilità di rifarsi una vita Tom dà inizio ad un gioco pericoloso che lo trasforma in uno spietato e freddo assassino, disposto a tutto pur di ottenere quello che desidera. "Il talento di Mr. Ripley" è un romanzo raffinato, ricco di humour nero, merito di una Patricia Highsmith che sa narrare con tagliente maestria una storia senza dubbio agghiacciante ma davvero godibile! Voto: 8,5

Incipit
Tom sbirciò alle sue spalle e scorso l'uomo che lo seguiva uscire dietro di lui dal Green Cage. Accelerò il passo, ma non c'era ombra di dubbio. L'uomo era proprio alle sue calcagna. Tom lo aveva notato cinque minuti prima mentre questi lo osservava con insistenza da un altro tavolo, come se non fosse proprio del tutto sicuro, ma quasi. A Tom, però, era sembrato sicuro abbastanza da indurlo a bere d'un fiato il suo drink, pagare in fretta e lasciare il locale.
Giunto all'angolo si protese in avanti e affrettò il paso oltre la Quinta Strada. Era nelle vicinanza di Raoul's. Si chiese se fosse il caso di correre il rischio di entrare e farsi un altro bicchiere. Doveva sfidare la sorte con tutte le conseguenze che ne derivavano oppure era meglio squagliarsela verso Park Avenue cercando di seminare quel tipo entrando e uscendo da qualche portone male illuminato? Si decise ed entrò da Raoul's.
Mentre cercava uno sgabello libero al banco, si guardò intorno quasi automaticamente per vedere se c'era qualcuno che conosceva. C'era quell'omaccione dai capelli rossi, di cui dimenticava regolarmente il nome, seduto a un tavolo con una biondina. Il rosso salutò con la mano e Tom gli indirizzò un vago cenno di risposta. Appoggiò negligentemente una gamba sullo sgabello e si volse, con aria a metà fra la sfida e l'innocente noncuranza, verso la porta d'ingresso.
"Gin and tonic, per favore," chiese al barman.
Era questo, dunque, il tipo d'uomo che gli avrebbero messo alle costole? Lo era o non lo era? Forse lo era. Non aveva l'aria di un piedipiatti, però, e neppure di un detective privato. Aveva piuttosto l'aria di un distinto uomo d'affari, di un buon papà. Era un signore vestito con cura, indubbiamente ben nutrito, con le tempie grigie e qualcosa di vago e insicuro nel modo di comportarsi. Doveva essere il genere di persona che ti mettono alle calcagna per incastrarti, magari per agganciarti con quattro chiacchiere innocenti in un bar e poi bang ti ritrovi con una mano sulla spalla e l'altra che ti sventola sotto il naso un distintivo da poliziotto. "Tom Ripley, sei in arresto!" Tom tenne d'occhi la porta.
Eccolo che arrivava. L'uomo si guardò intorno, lo vide subito e volse lo sguardo altrove. Si tolse il cappello di paglia e si sedette all'estremità opposta del bancone ricurvo.
Santo cielo, ma che cosa cercava? Di sicuro non era un pervertito. Tom si soffermò su questa idea mentre il suo cervello smarrito brancolava nel buio alla ricerca del termine esatto, come se questo potesse proteggerlo. Era preferibile, infatti, che l'uomo fosse un pervertito piuttosto che un piedipiatti. A un pervertito era sempre possibile rispondere: "No, grazie", fare un sorriso di intesa e andarsene. Tom si sistemò meglio sullo sgabello, cercando di darsi un contegno.