Delitti bestiali

di Patricia Highsmith - pagine 232 - euro 6,46 - Bompiani

Cosa può trasformare i nostri amati e tranquilli animali domestici in feroci assassini? Un maiale, un gatto, un cane, un cammello e addirittura un criceto sono davvero in grado di uccidere i loro padroni? Tutto questo accade in "Delitti bestiali" di Patricia Highsmith che, con uno stile essenziale e immediato, ci illustra 13 storie di animali che, per varie ragioni, si trasformano in killer senza pietà.

Contrariamente a quello che potrebbe far pensare il titolo di questa antologia, o la copertina stessa del libro, i veri mostri non sono gli animali ma gli esseri umani: padroni malvagi senza un briciolo di pietà! I racconti degni di nota sono: "Il topo più coraggioso di Venezia", "Riflessioni di uno scarafaggio" e "La resa dei conti" che narra l'incredibile vicenda di un branco di galline impazzite. Voto: 6,5

Incipit (dal racconto "L'ultimo spettacolo di Ballerina")
Mi chiamo Ballerina. Voci che gridano "Ballerina" si levano quando mi metto a dondolare la gamba sinistra, poi la destra e così via. Prima ancora però, forse dieci, vent'anni fa, ero "Jumbo l'elefantino", o semplicemente "Jumbo". Adesso sono per tutti Ballerina. Il mio nome è scritto sulla targa di legno davanti alla gabbia; e c'è scritto anche "Africa". La gente guarda la targa, qualche volta dice: "Africa," e poi comincai a chiamarmi: "Ballerina! Ehi, Ballerina!" Se dondolo le gambe qualcuno si mette ad applaudire.
Vivo da sola. Non ho mai visto un'altra creatura come me in questo posto, comunque. Ricordo quando ero piccola però, che seguivo mia madre dappertutto, e ricordo che c'erano tanti esseri come me, molto più grandi, alcuni anche più piccoli. Ricordo di aver seguito mia madre su un'asse di legno inclinato fin su una barca, la barca era piuttosto stabile. Lei venne trascinata via, di nuovo sulla stessa asse, e io rimasi sulla barca. Mia madre, che voleva che la raggiungessi, sollevò la proboscide e si mise a urlare. Vidi che la legavano con delle corde e dieci o venti uomini tiravano per trattenerla. Qualcuno le sparò un colpo di fucile. Era un fucile che dava la morte o che addormentava? Non lo saprò mai. L'odore è diverso ma il vento non soffiava nella mia direzione quel giorno. So soltanto che mia madre dopo un poco cadde a terra. Io ero sul ponte e strillavao con voce acuta come un bambino. Poi mi spararono con un fucile che addormenta. La barca finalmente si mise in moto e dopo un lughissimo tempo, che passai per lo più mangiando e dormendo nella semioscurità di un recinto, arrivammo in un altro paese  dove non c'erano foreste, e neppure erba. Finii in un altro recinto, ancora uno spostamento, con il cemento sotto i piedi, dure pietre tutt'intorno, sbarre e gente puzzolente. E quel che è peggio, ero sola. Nessuna piccola creatura della mia stessa età. Non c'era la mamma,   nè il mio amico nonno, nè il papà. Niente giochi. Niente bagni nel fiume fangoso. Sola con le sbarre e il cemento.