di Alan Altieri, Danilo Arona, Giacomo Cacciatore, Riccardo Fassone, Remo
Guerrini, Gianfranco Nerozzi, Gian Maria Panizza, Edoardo Rosati - pagine 209 - euro
6,00 - Larcher Editore
I diabolici vecchietti del Circolo del Venerdì (vedi anche "La stazione del Dio del Suono") decidono di organizzare un'altra delle loro serate per raccontarsi nuove e terrorizzanti storie dell'orrore. Questa volta la sede della loro Veglia è Triora, un piccolo paese ligure ricco di folklore e di leggende, diventato celebre soprattutto perchè fu teatro, nel XVI secolo, di alcuni processi dell'Inquisizione dove vennero giustiziate alcune presunte streghe.
I vegliardi del Circolo forse non sanno che raccontare storie di streghe a Triora può essere assai pericoloso, spesso i maligni protagonisti dei racconti prendono davvero vita e oscure profezie secolari possono avverarsi. "Le tre bocche del drago" è un libro assai particolare poichè è il frutto del lavoro di ben otto scrittori. In cabina di regia non poteva che esserci il grande Danilo Arona che ha rispolverato i terribili poteri della Schiena del Drago per dare vita ad uno splendido romanzo dell'orrore. Le streghe di Arona & Co fanno davvero paura, splendide donne quando devono ammaliare, brutte e cattive quando volano nella notte per lanciare i loro malefici o per divorare qualche succulento bimbo. Da leggere assolutamente! Voto: 9,5
Incipit
Ebbè, se proprio non ci credi vai a dare un'occhiata. La strada la trovi.
Non è difficile imboccare il lungomare: è l'unico che abbiamo qui, E' buio, dici? Ti
facevo un tipo curioso e con tanto di coglioni. Innesta la marcia bassa, costeggia il
marciapiede a fari lenti, dimentica la striscia d'acqua salata che non è un gran vedere
nè di giorno nè di notte, e stai tranquillo che qualcosa vedrai.
Stai tranquillo che lei arriva.
Attento. Non sei tu che incontri Lucia Bruga. Te l'avevo spiegato, questo? E' lei che
incontra te.
Ero una bambina quando scoprii che esistevano davvero.
Piccola, otto anni appena.
"Figghioleia eri", avrebbe detto mio padre se fosse stato ancora qui,
se non gli fossero scoppiate le arterie il giorno della Liberazione di trenta
compleanni fa, dicendo la sua a un lavavetri nigeriano all'angolo del centro di
Civitavecchia.
Pelle chiara, capelli chiari. Questa ero io, e quasi non sembravo calabrese. Io, diversa
dalle altre.
La mosca bianca.
Tutto quello che una bambina bella deve sapere è che loro qualche volta si
presentano in città. E che bisogna schivarle. Fare gli scongiuri se ti guardano anche per
un istante, perchè poi il malocchio è bello che fatto: capogiro, vermi, febbre alta.
E io? Mi mandavano in giro con un cuoricino di stoffa rossa incistato alla maglietta della
salute con una spilla da balia.
Dentro c'era un santino accartocciato e pietra pomice e grano crudo e incenso trito.
"Mi pizzica, mamà".
"Te lo tieni. Sennò arriva la zingara, t'adocchia e ti ruba".