Tutta quell'acqua

di Luigi Bernardi - pagine 153 - euro 13,00 - Dario Flaccovio Editore

La città è devastata dalla guerra. Ogni notte le sirene suonano, gli aerei solcano il cielo e bombardano le case lasciando dietro di sè solo morte e distruzione. Fino a che punto la guerra può cambiare la vita delle persone? Bianca e Vanni tentano con ogni mezzo di raggiungere una normalità ormai perduta, lei è un'impiegata piena di insicurezze, lui un insegnante di filosofia riservato e un po' burbero.

Un improvviso evento drammatico unirà, in un modo assai particolare, le loro esistenze. "Tutta quell'acqua" è la storia di un amore tormentato, di un'amicizia profonda nata in una realtà da incubo. Luigi Bernardi, autore del libro, è abile a conciliare la poesia e l'amore con gli orrori della guerra. Un romanzo intimista, attuale e ricco di significati. Senza dubbio da leggere. Voto: 8,5

Incipit
E' la strada che Vanni percorre ogni mattina, fa freddo. La notte scorsa ha piovuto per tutto il tempo dell'allarme, fino verso le sei, una pioggia noiosa, fitta, sottile. Dopo, la temperatura si è abbassata ancora. Adesso, lame di gelo gli radono la faccia, ripassano il frettoloso lavoro del rasoio di qualche minuto fa, davanti allo specchio del bagno. Sotto la pelle, sente la carne come ispessita, gli ricorda la sensazione di un'anestesia, l'immagine sono le sue mani che separano due bistecche congelate insieme. La carne si spezza, non segue il taglio preciso del macellaio, si modella lungo le grossolane linee di ghiaccio che si sono solidificate fra le nervature. Non è un bel pensiero, Vanni cerca di toglierselo dalla testa, non ce la fa.
E' in ritardo, come al solito. Non è un problema della guerra, è la difficoltà a staccarsi da casa, uscire, lo fa soltanto all'ultimo minuto, dopo essersi concesso tutte le proroghe possibili, anche quelle prive di fondamento. Sull'immagine dei rudi pezzi di carne gelida, Vanni si chiede se il Vespone rosso ce l'avrebbe fatta a partire con quel freddo. Dopo aver ricostruito ogni possibilità, decide che non si sarebbe neanche mosso, conclude che ha fatto bene a rubarsi un motorino nuovo, qualche ora prima, nel quartiere sotto i colli. E' almeno la quinta volta che se lo ripete da quando si è svegliato, sente che non sarà l'ultima, ne occorreranno altre per farsene una ragione.
Rallenta, rialza il bavero del giaccone, si abbottona sotto il collo, non lo fa quasi mai, a chiudersi così ha l'impressione di soffocare. Dopo, spinge a fondo sul gas, giusto un attimo, con la velocità s'inasprisce anche il gelo, ritorno l'immagine di carne crepata. Meglio arrivare in ritardo che con la faccia a pezzi, pensa. Gli sembra di galleggiare sulla strada, morbido, liscio, senza gli scossoni ai quali lo aveva rassegnato il vecchio Vespone. In primavera, con i primi tepori e la possibilità di goderli, si ringrazierà davvero per il bottino della sua scorribanda notturna. Un pensiero si accavalla, dice che non è necessario aspettare il cambio di stagione per congratularsi con se stesso. Dietro i lineamenti strizzati, prende forma il vago contorno di un sorriso.