di L. Boccia, N. Lombardi, P. Di Orazio, A. Teodorani, L. Cozzi, G. Lupi, E. Sciallis,
G. Mistretta, M. Brando, E. Ardolino, G. Nerozzi - pagine 101 - euro 6,00 - Edizioni
Il Foglio
"La stagione della follia" è una piccola antologia di 11 racconti horror tutta incentrata sul lato oscuro della famiglia e dell'infanzia ed in particolar modo sulla figura della madre, vista non più come personaggio rassicurante e amorevole ma come qualcosa di terrificante e spaventoso.
Storie di cannabalismo, bambini assassini, streghe malvage, feti mostruosi e molti altri orrori "casalinghi" sono gli elementi primari che accompagnano il lettore in una discesa all'inferno, orrori che hanno come sfondo la nostra "tranquilla" provincia italiana. "La stagione della follia" è un libro da leggere poichè permette di apprezzare l'ingegno diabolico dei nostri scrittori nostrani. Voto: 8,5
Incipit (dalla prefazione di Valerio Evangelisti)
Quella che avete tra le mani è, nel suo piccolo, una delle migliori antologie
horror degli ultimi anni. E anche delle più rivelatrici. Tenterò di spiegare il perchè,
dopo una breve ma necessaria divagazione.
C'è chi sostiene che il genere horror sia difficile da impiantare sul suolo italiano, per
una molteplicità di ragioni, tutte fasulle: dall'immagine solare dell'Italia che
contrasterebbe col colore nero all'esterofilia dei lettori, dalla mancanza di una
tradizione autoctona all'assenza di una "scuola" che possa indirizzi i neofiti.
Ciò è assolutamente falso. Basta discostarsi un poco dall'ambito strettamente letterario
(che pure vanta radici lontane, risalenti agli Scapigliati e ai romanzi di Carolina
Invernizio) per trovare una fioritura horror in campo cinematografico unica in Europa. Dai
grandi Bava e Freda agli abili Margheriti e Caiano, dal Mulino delle donne di pietra agli Orrori del castello di Norimberga, fino a Lucio Fulci, a Dario Argento, a
Michele Soavi. Quantitativamente, non c'è nulla di simile in Francia o in Germania (con
tutto il rispetto per Jean Rollin, Harald Reini e altri professionisti). Qualitativamente,
non si riscontra niente di analogo in Spagna (nemmeno i migliori film di Jesus Franco o di
Amando de Ossario possono competere con L'orribile segreto del dottor Hichcock).
Per una lunga e felice stagione l'Italia è stata una delle patrie dell'horror
cinematografico, in grado di competere ad armi quasi pari con i grandi registi
statunitensi (e non è un caso che una delle storie di questa raccolta sia stata scritta
da un cineasta che cerca ancora oggi di portare avanti la sfida). Poi fattori di varia
natura (costi crescenti, necessità di ricorrere a finanziamenti pubblici e dunque ad un
vaglio preventivo, ecc.) hanno interrotto una grande tradizione. Ma questa è una faccenda
che porterebbe lontano.
Sia sufficiente dire che l'Italia si presta all'horror come pochi paesi al mondo. Lo hanno
del resto ampiamente testimoniato gli scrittori stranieri che hanno ambientatao da noi le
loro vicende: da Horace Walpole a Ann Radcliff al Thomas Harris di Hannibal.
Per parlare di un horror italiano, specificamente italiano, occorre però qualcosa di
più di un'ambientazione: occorre un radicamento negli incubi, nei turbamenti, nelle
inquietudini collettive della penisola.