Il giustiziere del Malecon

di Gordiano Lupi - pagine 130 - euro 7,75 - Prospettiva Editore

Uno spietato serial killer ha preso di mira le jineteras, le prostitute cubane che adescano i turisti stranieri sul Malecón, così chiamato il lungomare dell'Avana. Protagonista di questa orribile vicenda è Maria Perez, una giovane prostituta che vede le proprie amiche venir uccise e orribilmente mutilate da questo pazzo assassino, considerato quasi un "giustiziere" in quanto elimina, seppur in modo tragico, la piaga della prostituzione, tanto odiata dal regime di Castro.

In questo breve romanzo di Gordiano Lupi vengono messi in luce gli aspetti contrastanti di Cuba: da una parte tutti i colori, le splendide spiagge e i paesaggi mozzafiato dell'isola, dall'altra il degrado sociale e tutti i disagi delle classi più povere di Cuba. Un noir sicuramente da leggere. Voto: 8

Incipit
Un letto disfatto e pareti bianche, fuori il sole di sempre.
E' normale lasciarsi andare ai pensieri da un letto d'ospedale. Ripercorrere il passato, quello che è stato e soprattutto ciò che avrei potuto evitare. Andare con la mente in un viaggio a ritroso nel tempo e accarezzare emozioni lontane. Soprattutto perchè adesso sono sola e intorno vedo solo medici e infermieri. Non che mi manchi qualcosa. Tutti sono così gentili e ascoltano ogni richiesta per compiacermi. Però devo guarire in fretta e tornare quella d'un tempo, mio figlio Danilo mi attende e non può stare solo con la nonna, a Toyo. Devo portarlo nella nostra casa di Luyanò. Ho soltanto lui per compagno, da quando quell'italiano, che per un gioco del destino è stato suo padre, mi ha abbandonato. Volevo essere io a decidere sul futuro e ho scelto di vivere le luci della notte, che si specchiano sul Malecón e fanno compagnia alla luna nei riflessi di acque torbide e nere. Ho scelto le discoteche per turisti, i grandi lussuosi hotel davanti a case di povera gente. Questo è il mio mondo. Cavallerizza della vita. E mi chiamano con disprezzo jinetera. Le comari del quartiere mi guardano storto quando vesto gli abiti della notte e fuggo via da un polveroso quotidiano. Attraverso la calzada delle quatros esquinas, poi prendo un taxi in direzione della vita, indossando scarpe altissime e gonne corte dai colori sgargianti.
Che altro posso fare? Ho solo un corpo da vendere e lo faccio fruttare bene. E' l'unico modo che conosco per dar da mangiare a un bambino di quattro anni che non ha mai conosciuto suo padre. La mia unica vendetta è quella di vivere alle spalle della gente come lui. Sono sempre io ad abbandonarli. Sono io che decido quando è il momento di farla finita. Non mi innamoro mai. Non mi innamoro più, da tempo. I sogni non attraversano le strade di queste notti disperate condite d'avventura. Notti di sesso e strade scolpite al vento caldo in ogni stagione. Balli e sudore sotto le stelle.
Mi chiamo Maria, ho venticinque anni e vivo sola a Luyanò. Mia madre abita a Toyo e la vedo quasi ogni giorno, soprattutto per lasciarle Danilo. E' un bambino e non lo voglio immischiare nella mia vita, in questi squallidi incontri dove il sorriso è obbligatorio e l'amore soltanto finzione. Così lui sta spesso con la nonna, in un palazzo davanti a un negozio di pane e dolciumi, sopra un bel porticato stile coloniale screpolato da vento e incuria. Là trova una famiglia normale e tanta gente che lo fa giocare. Ci sono i miei zii e le cugine, un appartamento di tre stanze accoglie almeno tre famiglie e c'è sempre allegria e rumore a ogni ora del giorno.