Fluorescenze

di Giovanni Buzi - pagine 82 - euro 12,00 - Edizioni Il Filo

Non è facile trovare un libro che dia delle emozioni forti, talmente violente da disorientare chi legge, affascinare per poi trascinare il lettore in un viaggio perverso senza ritorno. I racconti di "Fluorescenze", scritti da Giovanni Buzi, riescono a colpire nel segno infatti, pur avendo la raffinata eleganza di un'opera classica, riescono ugualmente ad essere "brutali", a dare un senso di disagio difficile da scacciare.

Sono 6 i titoli dell'antologia: "La Lupa di Roma" illustra le misteriose abitudini di una contessa; "Bianca Venezia, rosse le rose" è la tormentata storia d'amore tra una ragazza e un avvocato; "Fluorescenza" descrive la vicenda di una vecchia signora alle prese con delle strane sparizioni; "Haiku" è l'ossessione maniacale di un uomo per la cultura giapponese; "Il canto della sirena", forse il racconto più bello del libro, è un'originale reinterpretazione del mito della sirena; il protagonista della "Metamorfosi" si muta in una sanguinaria creatura. In conclusione una bella antologia da leggere e rileggere. Voto: 8,5

Incipit (dalla prefazione di Alda Teodorani)
Quando ho letto per la prima volta i racconti di Giovanni Buzi ho avuto l'impressione di vedere una sterminata distesa di sculture in marmo bianco, corpi su corpi che si intrecciavano, oppure lontani o ancora che stavano per incontrarsi. Una specie di rappresentazione della morte con una desolazione e una tristezza senza fine. Un enorme funerale immobile e dolente. Poi, proprio come in un film, avvicinandomi scoprivo fessure e da quelle fessure trasudava una materia immonda, nerastra, puzzolente, quel tipo di materia che il corpo e il cervello dell'uomo sembrano specializzati nel produrre.
Giovanni Buzi, al di là delle suggestioni della prima ora - probabilmente non condivisibili, perchè io, si sa, ho una fantasia malata - porta sulla carta le sue ossessioni e lo fa in chiave ironica, grottesca, orrorifica, senza sbavature o ripensamenti. Ha ben deciso dove e come andare su quel percorso tanto difficile che è la narrativa della contaminazione dove ogni cosa non è mai al suo posto e nulla è mai come dovrebbe essere. Ecco allora che il corpo femminile, coi suoi misteri insondabili, diventa ricettacolo di nefandezze e oscenità, in un linguaggio scritto - quello di Buzi - che del corpo e delle sue trasformazioni possiede tutte le chiavi. Da quei corpi trapela qualcosa - o forse è più giusto dire traspare qualcosa, una fluorescenza - in grado di avvelenare, trasformare e trasformarsi, qualcosa di terribile e sempre insondabile. La mente, maschile e femminile, ma più quella maschile, non pacificata da promesse di riproduzione - è un labirinto in cui l'intelletto si smarrisce del tutto, sempre: il male è il suo status tipico, quello più naturale.
Leggere i racconti di Giovanni Buzi significa perdersi. E a me piace leggere proprio per fare questo, per smarrirmi in luoghi dove la ragione non abbia nessun potere, dove la realtà (sempre più squallida della fantasia) non possa mai annidarsi con le sue turpitudini fatte di malfattori che sorridono troppo, di programmi televisivi a offrire cifre di comportamento o di telegiornali alla ricerca del cadavere putrefatto o del massacro in diretta. Le vere barbarie che, per fortuna, non hanno mai nemmeno sfiorato la scrittura di questo inquietante scrittore.