Fame

di Luigi Boccia, Gordiano Lupi, Nicola Lombardi - pagine 73 - euro 5,16 - Edizioni Il Foglio

"Fame" è una parola breve ed incisiva, dal significato inequivocabile. Ma dopo la lettura di questa trilogia, acquista un "sapore" nuovo e del tutto inedito, diventa qualcosa di agghiacciante e mostruoso. Luigi Boccia, Gordiano Lupi e Nicola Lombardi hanno creato tre bellissimi racconti che hanno come unico filo conduttore il cannabilismo.

"Il canto del cannabile" di Boccia ci descrive la vicenda di due ragazzi alla disperata ricerca del loro amico scomparso, forse divorato dal mostruoso cannabile che si narra abiti ancora sulla cima dell'oscuro Monteluna. "Il sapore della carne" di Lupi ci racconta la terribile esperienza di un soldato cubano costretto, durante la guerra nel deserto dell'Angola, a sfamarsi coi cadaveri dei compagni. "Striges" di Lombardi rievoca il mito delle streghe attraverso la vicenda di un gruppo di ragazzini, destinati ad assistere a qualcosa di abominevole. "Fame" oltre a regalare al lettore thriller, noir, horror e atmosfere gotiche sicuramente suggestive, è anche un piccolo gioiello letterario che dimostra quanto i nostri autori italiani non abbiamo nulla da invidiare ai colossi americani. Da leggere assolutamente! Voto: 9

Incipit (dall'introduzione di Eraldo Baldini)
Qualche anno fa, per connotare fortemente una raccolta di racconti di giovani autori "pulp", venne scelto da una grande casa editrice il titolo di Gioventù cannibale. L'effetto fu immediato e forte, forse anche troppo, tanto che quella definizione si appiccicò come una duratura e a volte fastidiosa etichetta sugli scrittori presenti nell'antologia. Dunque, non Gioventù vampira, o licantropa, o altro, ma cannibale. Come se questo termine contenesse più forza cupa rispetto a tutti gli altri che siamo abituati ad incontrare sui percorsi della fantasia o della letteratura noir e horror.
Molto probabilmente, è proprio così. Altro che serial killer, mostri, fantasmi e chi più ne ha più ne metta. Perchè alla definizione di "cannibale" si lega un vero e proprio tabù.
Non è un caso se nella narrativa di ogni genere, da quella orale tradizionale (leggende, fiabe, ecc.) a quella scritta di ogni epoca e paese, piena di figure della realtà o dell'immaginario pregne di mistero e di potenzialità terrifica, i cannibali sono in realtà pochissimi. Sono quasi, lo ripeto, tabù.
Perchè? Io credo che alla base di ciò si nasconda la ritrosia dell'uomo a toccare corde che potrebbero produrre suoni a lui non del tutto sconosciuti: suoni che conducono ad un arcaico e durissimo passato primitivo di cui liberarsi definitivamente, o alla ipotesi, sempre in agguato, di doversi trovare a infrangere quel tabù "per necessità". In fond, con orrore, ci è capitato di leggere di uomini costretti a cenare con compagni di sventura più deboli o più sfortunati.
Ecco allora che questo libro ci appare perlmeno coraggioso. E non solo per i motivi già elencati, ma anche perchè, cimentandosi con un argomento simile, è facilissimo cadere nella trappola dello splatter, dell'ecceso inelegante.
I tre autori che state per leggere hanno quasi del tutto evitato tale rischio, e questo è un merito. Non si sono impelagati nel macabro compiacimento narrativo che una materia simile poteva offrire, e si sono invece concentrati sulle vicende narrate, non prive di intriganti risvolti psicologici.