di Ray Bradbury - pagine 304 - euro 6,71 - Oscar Mondadori
Scritto da Ray Bradbury tra il 1946 e il 1950, "Cronache marziane"
illustra tutte le tappe che hanno portato gli uomini, a cominciare da un futuristico 1999,
alla conquista del pianeta Marte.
Attraverso una narrazione unica e straordinaria, Bradbury ci conduce su
questo mondo ignoto, un pianeta quasi fiabesco e dai paesaggi color pastello.
I marziani, ambigue creature indefinite che assumono di volta in volta forme differenti, accolgono, in un primo momento, gli "invasori" terrestri con spietata e diabolica ostilità ma in seguito si trasformano in romantici e malinconici fantasmi, vittime loro stessi dell'arroganza umana. "Cronache marziane" è un'opera splendida che va ben oltre la fantascienza, in alcuni passaggi è poetica e geniale, in altri è spesso grottesca e visionaria. Un capolavoro! Voto: 9/10
Incipit
Fino a un istante prima era ancora l'inverno dell'Ohio, le porte chiuse, i vetri alle
finestre ricoperti di brina, stalattiti di ghiaccio a frangia d'ogni tetto, bimbi che
sciavano sui pendii, massaie dondolanti come grandi orsi neri nelle loro pellicce sulle
vie gelate.
E a un tratto una lunga onda tiepida era passata sulla cittadina. Una
marea d'aria calda, quasi che qualcuno avesse lasciata aperta la porta di una panetteria.
Il calore pulsava tra le casette, i cespugli, i ragazzi. Le stalattiti di ghiaccio si
distaccavano, rovinose, e, in frantumi, si scioglievano rapidamente. Le porte si
spalancavano. I vetri delle finestre si alzavano impetuosi. I ragazzi buttavano via gli
indumenti di lana. Le massaie si spogliavano delle loro pelli d'orso.
La neve si scioglieva a mostrare la verde antica prateria dell'ultima estate.
L'estate del razzo. Le parole passavano di bocca in bocca nelle
case aperte, ben areate. L'estate del razzo. La calda aria del deserto che mutava
i ghirigori di ghiaccio sulle finestre, cancellava l'opera d'arte. Sci e slitte
improvvisamente inutili. La neve, nel cadere dal cielo freddo sul villaggio, si
trasformava in una pioggia torrida ancor prima di toccare il suolo.
L'estate del razzo. La gente si sporgeva di sotto le verande gocciolanti a spiare
il cielo che s'arrossava.
Il razzo stava sul campo di lancio, eruttando rosee nubi di fuoco,
esalando scoppi d'aria rovente. Il razzo si levava nella fredda mattina invernale e creava
l'estate a ogni respiro dei suoi possenti ugelli di scarico. Il razzo faceva i climi, le
stagioni, e l'estate fu per un breve istante sopra la terra...