Possession

Titolo originale: Sapi
Regia: Brillante Mendoza
Cast: Meryll Soriano, Dennis Trillo, Baron Geisler
Produzione: Filippine
Anno: 2013
Durata: 101 minuti

RECENSIONE

In una Manila flagellata da piogge incessanti, sotto un cielo plumbeo squassato dai fulmini, contro il quale si stagliano come idoli pagani le antenne dei network televisivi, si consuma l’ultimo film di Brillante Mendoza, prima incursione nell’horror del regista filippino. Horror solo in apparenza, sia ben chiaro, chè la possessione di cui si parla ha tutte le stimmate del demoniaco, ma più che il singolo individuo è un’intera società a essere posseduta.

Il diavolo, anzi, “El Diablo”, non si limita a infestare il corpo e la mente di Ruby, un’insegnante di mezza età, ma straripa come le inondazioni che allagano la città, insinuandosi nelle conversazioni dei dirigenti delle grandi reti televisive colluse con il potere, nell’anestetizzazione del pubblico e nella rincorsa disennata all’audience, nell’avidità che regola i rapporti tra i protagonisti. Del resto, e non è una novità, per qualche punto di share in più si sarebbe anche disposti a vendere l’anima al diavolo, e pazienza se questo comporta qualche inconveniente, quali improvvise effusioni di sangue mestruale.
Nella competizione tra due emittenti televisive nazionali, la PBC e la SBN, la seconda sta per avere la peggio, ed è fortemente penalizzata negli indici d’ascolto. Alla ricerca spasmodica di uno scoop a tutti i costi, la produttrice Meryll Flores acquista da Baron, cameraman della PBC, il video integrale di una possessione demoniaca, già mandato in onda dall’altra stazione televisiva. Alla faccia di qualsiasi codice etico, concetto peraltro incongruo quando si discute di televisione, Meryll non solo decide di trasmettere il filmato, esponendosi a ritorsioni legali da parte della rete avversaria, ma non si preoccupa di tutelare la privacy di Ruby, la quale viene riconosciuta da tutto il quartiere.
A partire da questo momento la possessione si estende senza risparmiare nessuno. Il demonio alza la testa dai cartelloni pubblicitari che infestano le facciate dei palazzi come edera velenosa, si infiltra nei sogni dei protagonisti, scatena doppelgänger dalle inclinazioni suicidarie, resuscita cani travolti dalle automobili, fa partorire a Meryll un serpente biblico, ci fissa con l’occhio stolido di un coccodrillo fuggito dallo zoo. “El Diablo” è onnipresente, soprattutto domina e dirige i mass-media, stringendo in una morsa ferrea le menti succubi degli spettatori. Come al solito Mendoza non va tanto per il sottile, e per chiarirci le idee fa apparire fin dalle prime inquadrature un serpente nello studio televisivo. Il simbolismo, naturalmente di matrice cattolica, è greve, avvolgente come una cappa di umidità soffocante, la medesima della tempesta che si è scatenata su Manila. Come un angelo delle baraccopoli dalle ali intrise di sangue, fango e deiezioni corporali, Mendoza si fa irruente geografo del caos, indagando l’agghiacciante normalità del male, come già in “Kinatay”. Camera a mano imbracciata con la furia del guerrigliero, il regista scandaglia il degrado urbano e morale di una società allo sbando, affidandosi a un montaggio asincrono e disturbante, che riesce a instillare un genuino senso di disagio.
“Possession” non lascia un attimo di tregua, grazie a un notevolissimo lavoro sugli effetti sonori, alla fotografia di Jeffrey Dela Cruz e a momenti di shock inaspettati; lascia però a desiderare su altri fronti, in particolare sul versante della sceneggiatura (di Henry Burgos) che non asseconda le intenzioni del regista, iniziando prestissimo a girare a vuoto. Sia Mendoza che Burgos si prendono molto sul serio, e questo esclude a priori l’eventuale ricorso alla satira, anche color pece, ma mentre il primo ha gli strumenti per restituire sullo schermo la sua visione allucinata, il secondo non è in grado di supportarla. Per far funzionare al massimo quello che vorrebbe essere un furibondo apologo morale, servirebbero inoltre dei personaggi che siano più complessi di anemiche silhouette ritagliate nella carta velina, oltretutto interpretati da attori non esattamente in stato di grazia.
Conviene infatti ignorare le performance catatoniche di Meryll Soriano, Dennis Trillo (l’anchorman di turno) e Baron Geisler (il cameraman), e concentrarsi sull’imminente apocalisse profetizzata da Mendoza, in cui il demonio si affaccia dagli schermi televisivi tra l’indifferenza generale. Presentato all’Asiatica Film Mediale di Roma dopo un passaggio a Toronto, “Possession” è una conferma delle qualità del regista filippino, cui però si consiglia di affidarsi a sceneggiature meno esili. Del resto, e Mendoza dovrebbe saperlo bene, il diavolo si annida nei particolari.
Voto: 6,5
(Nicola Picchi)