Frankenweenie

Regia: Tim Burton
Musiche: Danny Elfman
Produzione: USA
Anno: 2012
Durata: 87 minuti

TRAMA

Victor Frankenstein è un ragazzino chiuso in se stesso che non ama frequentare i suoi coetanei. Ha un unico amico, il suo cagnolino Sparky. Un giorno però Sparky viene accidentalmente ucciso da un auto. Il dolore del ragazzo sarà talmente forte che tenterà di riportarlo in vita con l’utilizzo dei fulmini, proprio come aveva fatto l’omonimo dottore. Una volta resuscitato il cagnolino, Victor dovrà mantenere il segreto ma non sarà semplice.

RECENSIONE

Molti anni fa, un allora semi sconosciuto Tim Burton venne allontanato dalla Disney, casa di produzione per cui lavorava, in seguito alla realizzazione di un cortometraggio incentrato su un bambino che perdeva il proprio cane e lo riportava in vita tramite l'elettricità, in una rivisitazione del mito di Frankenstein. Il corto ottenne problemi di censura e quindi non il successo previsto, causando la rottura del giovane regista con la grande casa di produzione.
Ai giorni nostri, 28 anni dopo, la Disney stessa ha proposto a Burton, ormai diventato uno dei maggiori registi in circolazione e padre di uno stile, di trasformare il suo cortometraggio Frankenweenie in un lungometraggio per il cinema. Non più in live action ma in stop-motion. E Burton, ormai libero di fare ciò che vuole, ha accettato creando un delicato atto di riverenza al cinema fantastico.
Essendo una rivisitazione della storia scritta da Mary Shelley, il film ci racconta una vicenda che abbiamo già visto decine di volte. Solo che questa volta ad avere la meglio sul lato scientifico del medico che riporta in vita i cadaveri, è la parte sentimentale, perché a perdere (e a ritrovare) la vita è il migliore amico del protagonista, un cane. Quindi, avviso per gli spettatori, la commozione è dietro l'angolo.
La storia ha il difetto di essere abbastanza prevedibile, non ci sono sorprese nei tentativi di Victor di nascondere il cane resuscitato né nella risurrezione stessa, ripresa fedelmente dalla storia originale. Il che ci pone davanti ad una sorta di nuovo episodio della infinita serie di Frankenstein. Oltre tutto, durante la visione si comprende che il progetto era in origine un cortometraggio e nonostante la breve durata del film, alcuni momenti faticano a scorrere e risultano ripetitivi.
Ma passando ai lati positivi, il film è tecnicamente impeccabile, una gioia per gli occhi, uno stop motion praticamente perfetto illuminato da una fotografia in bianco e nero da Oscar. Oltre ad essere un film "burtoniano" all'ennesima potenza caratterizzato da cimiteri, ambienti tetri e musiche lugubri, è anche una schiera di personaggi assurdi e inquietanti come non si vedevano da tempo nel suo cinema: Stranella con il Signor Baffino, un gatto dalle feci preveggenti, il Signor Rzykruski professore di scienze creato sulle fattezze di Vincent Price e tutta la schiera di compagni di classe di Victor, uno più stravagante dell’altro.
Il film è anche un omaggio al cinema di genere degli ultimi sessant’anni. Tra le innumerevoli citazioni di film horror (Nosferatu, Gremlins), fantascienza anni cinquanta (Gamera) e Frankenstein stesso (la vicina di casa si chiama Elsa come la Lancaster, la barboncina con i peli bianchi o la tartaruga di nome Shelley), Burton ha giocato anche con il suo cinema come il mulino che brucia del tutto simile a quello presente nel suo Il mistero di Sleepy Hollow.
Insomma una dichiarazione d’amore per il cinema di genere ma anche una storia con dei buon principi che sottolinea come un’amicizia come quella tra un bambino e il suo cagnolino, possa essere così potente da superare anche il confine invalicabile della morte.
Forse è prematuro parlare del grande ritorno di un regista che da qualche tempo ci aveva abituati a pallidi remake che avevano da raccontare poco o niente. Siamo ancora lontani da capolavori come Edward mani di forbice, Ed Wood o Sleepy Hollow, ma dopo il buon Dark Shadow, Tim Burton sembrerebbe aver imboccato la strada giusta.
Voto: 7,5
(Andrea Costantini)