Regia: Takashi Miike
  Cast: Kenichi Endo, Fujiko Jun Muto, Shoko Nakahara, Ikko Suzuki
  Produzione: Giappone
  Anno: 2001
  Durata: 85 minuti
In una famiglia giapponese si succedono le violenze più disparate ed eccessive: il padre ha rapporti con la figlia e viene deriso e maltrattato sul lavoro; la figlia lavora come prostituta; i due genitori condividono un'indifferenza totale; il figlio viene continuamente picchiato a scuola; la madre si droga. Ognuno dei componenti della famiglia sfoga la propria frustrazione su un altro componente, in una spirale continua dove non sembra esserci via di uscita. Un misterioso visitatore, il Visitor Q del titolo, entrerà all'improvviso negli equilibri familiari e la sua venuta sconvolgerà e cambierà per sempre le cose.
 Parlare di un film di Miike non è mai semplice. Il geniale giapponese ha 
  sfornato un numero impressionante di pellicole che, com'è logico, anche 
  se non sono tutte da ritenere qualitativamente eccelse, portano tutte il 
  marchio indelebile del modo di fare cinema di  Miike.
  Visitor Q, uno dei film meno noti e più sottovalutati della sua 
  carriera, è un chiaro esempio di tutte queste peculiarità: il gusto per 
  il grottesco e l'eccesso, il sadismo, le violenze sessuali e fisiche, 
  l'ironia non proprio adatta a tutti i palati, una certa predisposizione 
  per il trash. Anche i temi che la pellicola sviscera si possono 
  ricondurre al fil-rouge che corre in tutta la filmografia di Miike: il 
  tema centrale del nucleo familiare e del bisogno di trovare un proprio 
  posto nel mondo, la sensazione di essere perduti e soli, il trovare 
  conforto in un clan (che si parli di famiglia in senso comune o di 
  famiglia yakuza non fa nessuna differenza per Miike) che ci possa 
  difendere dalle ingiustizie e dalla cattiveria di tutto quello che c'è 
  fuori.
  Visitor Q è un film estremo, su temi molto delicati e complessi, che ha 
  come prima arma l’ironia, che ritroveremo in buona parte della 
  pellicola. Per quanto può sembrare strano e perverso dirlo, provocherà 
  nello spettatore, almeno in quello predisposto ad una visione scevra di 
  pregiudizi e preconcetti, numerosi momenti di ilarità in scene che, 
  normalmente, mai assoceremmo al riso (come, ad esempio, la parte in cui i 
  due coniugi tagliano un corpo o un atto di necrofilia).
  La famiglia, nel film di Miike, diventa l'unico appiglio al quale 
  reggersi per sopportare la violenza che c'è fuori; e, se in un primo 
  momento, è il nucleo nel quale si sviluppa ogni tipo di atrocità, 
  diventa, con l'intrusione di un agente esterno (il Visitor Q del titolo), 
  il luogo sicuro e rassicurante nel quale ritornare sempre.
  L'agente esterno diventa il catalizzatore della violenza dell'intera 
  famiglia. La brutalità che prima veniva riversata all'interno delle 
  quattro mura, trova il suo sfogo all'esterno, verso tutto quello che può 
  minare il rapporto familiare e l'istituzione famiglia. E, per Miike, 
  solo in questo tipo di famiglia-clan, il singolo può trovare pace, 
  essendo accettato non solo come individualità ma anche come ingranaggio 
  di qualcosa di molto più grande di lui, un qualcosa che sempre lo 
  difenderà da tutto il male che c'è fuori.
  Come in ogni film di Miike la violenza, eccessiva ma mai fine a se 
  stessa, e, per quanto possa sembrare assurdo mai vissuta in modo 
  morboso, diventa un modo per affermare il proprio io nel mondo e per 
  trovare la propria strada e la propria collocazione nella vita.
  Certo, siamo di fronte ad un film non adatto a tutti i palati, che farà 
  storcere il naso a molti e che disgusterà molti altri. Ma non è questo 
  un buon motivo per non pensare che Visitor Q sia un bellissimo film. E, 
  in effetti, lo è!
  Girato con la solita maestria e inventiva, in un susseguirsi di 
  originalissime e bellissime inquadrature, pregno di ironia e di scene 
  che superano il limite del grottesco, nonché di un bellissimo ed 
  evocativo finale, Visitor Q è uno dei film più riusciti di Miike, che 
  troverà approvazione tra tutti i fan del giapponese e non solo tra 
  quelli.
  Voto: 7,5
  (Antonella Marano)