Regia: Matthew Parkhill
  Cast: Stephen Moyer, Rachelle Lefevre, Luis Guzmán, Lorna Raver, Ed 
        Quinn, Marisé Alvarez, Aris Mejias
        Anno: 2011
        Nazione: UK, Porto Rico
      Durata: 92 minuti
Mary Kee, reduce da un tumultuoso divorzio, si trasferisce in un nuovo appartamento dove comincia a ricevere telefonate da parte di una donna. Il suo sospetto è che il suo ex marito abbia deciso di renderle la vita difficile, ma presto si dovrà ricredere.
 Mary Kee appartiene alla classe delle donne vessate che, anche se 
  sfuggono al persecutore che hanno sposato, finiscono per risultare 
  vittime ideali di chiunque abbia voglie di molestarle.
  In questo caso una donna che continua a telefonarle e che, appena lei 
  accenna a riattaccare, non si fa nessun problema a minacciarla. Mary 
  chiede aiuto a varie persone, ma la faccenda si complica quando a turno 
  queste spariscono e lei comincia a dubitare della sua percezione.
  Ulteriore variazione del tema “donna in pericolo che tutti credono 
  pazza” questo The Caller non sfugge alla regola base che vuole che la 
  persona in questione si trovi da sola ad affrontare un pericolo più che 
  reale, sia pure del genere sovrannaturale e pertanto poco comprensibile 
  in sé.
  Mary, come milioni di donne che si lasciano alle spalle un matrimonio 
  con uno psicopatico, ha paura anche di respirare, e questo la rende 
  facile preda di una donna che, non paga di stare a telefonarle tutti i 
  momenti, comincia a interferire con la sua vita.
  Le strategie messe in atto dalla povera Mary finiscono per aumentare in 
  maniera esponenziale le dimensioni del problema e a quel punto lei, che 
  aveva il sospetto che dietro ci fosse il suo psicopatico marito, non 
  solo deve ricredersi, ma per la prima volta nella vita deve addirittura 
  prendere delle decisioni molto pericolose.
  Inutile dilungarsi sulla trama di un lavoro in sé poco originale, quel 
  che vorrebbe essere un incentivo a guardare questa ulteriore variazione 
  sul tema è il persistente tocco di cattiveria che, lentamente insinuato, 
  finisce per motivare l’intera storia a favore di una riscrittura totale 
  degli avvenimenti.
  Ma a parte questo piccolo dettaglio, che in realtà non può esser 
  considerato più di un casuale bonus, l’intera storia stimola soltanto 
  una costante sensazione di già visto, cosa questa che purtroppo finisce 
  per rendere noioso anche il più promettente dei thriller. E se a questo 
  si aggiungono la recitazione improntata allo strabuzzare di occhi e alla 
  palese simulazione di ansia, e una regia stanca e televisiva il quadro è 
  completo. Insomma non si ravvisa nessun motivo per invitare il pubblico 
  a guardare l’ennesima storia di fantasmi e donne coraggiose, se non il 
  masochistico desiderio dello spettatore medio di thriller, che ancora 
  non si è rassegnato alla banalità in cui il genere è sprofondato ormai 
  da tempo.
  Voto: 5
  (Anna Maria Pelella)