Cani arrabbiati

Regia: Mario Bava
Cast: Riccardo Cucciolla (Riccardo), Maurice Poli (il dottore), George Eastman (Trentadue), Aldo Caponi alias Don Backy (Bisturi), Lea Krueger (Maria), Maria Fabbri (Maria Sbravati), Erika Dario (Marisa)
Soggetto: Alessandro Parenzo, Cesare Frugoni da un racconto di Ellery Queen
Sceneggiatura: Alessandro Parenzo, Cesare Frugoni
Fotografia: Mario Bava, Emilio Varriano
Musiche: Stelvio Cipriani
Montaggio: Carlo Reali
Costumi: Wayne Filnkelman
Effetti speciali: Sergio Chiusi
Produzione: Italia
Anno: 1974
Durata: 94 minuti

TRAMA

Un uomo guida nervosamente un’automobile con a bordo un bambino avvolto in una coperta guardando di continuo l’orologio. Si taglia poi su quattro malviventi che rapinano le paghe di una piccola azienda uccidendo una guardia. Nella fuga uno dei criminali rimane ucciso. I tre rimasti, Doc, Bisturi e Trentadue non riescono a scrollarsi di dosso gli inseguitori e giungono sempre braccati nel parcheggio sotterraneo di un centro commerciale. Prendono quindi in ostaggio due donne e Bisturi sgozza una delle due.

RECENSIONE

Prima e ultima incursione del maestro Mario Bava nel thriller-poliziesco, questo film è rimasto “nascosto” fino al 1995 quando Lea Krueger (Maria nel film) l’ha fatto tornare alla luce dedicandolo al grande regista con la scritta “To Mario” che compare in apertura.
La pellicola è un road-movie claustrofobico, girato per la maggior parte all’interno dell’automobile su cui si svolge il folle viaggio del gruppetto.
Dopo le prime scene, quasi senza accorgersene, lo spettatore si sente trascinato sulla macchina e rapito anch’egli dai malviventi. Quando il gruppo giunge all’autogrill e finalmente scende dall’automobile, si tira quasi un sospiro di sollievo, ci si sente in parte liberati e in parte ancora prigionieri.
Le scene si svolgono tutte alla luce del sole. Nonostante questo l’atmosfera è oscura, folle, a tratti grottesca, come quando Trentadue canta maldestramente, e ironicamente, “Emozioni” di Battisti.
La storia è cattiva, i criminali volgari e disgustosi e lontani da qualsiasi aura di “eroi maledetti”. Si aspetta solo il momento in cui in qualche modo essi abbiano la loro punizione da parte dei “buoni” anche se gli apparentemente maldestri tentativi dell’impassibile Riccardo non hanno inizialmente successo. Ma è solo questione di tempo, pensiamo.
Mario Bava pare deludere queste attese quando l’automobile giunge sul luogo dell’inevitabile finale tragico e Doc e Bisturi sembrano ormai destinati a cavarsela, uccidendo i 3 superstiti. Giunge allora l’inaspettato, come un fulmine a ciel sereno, Riccardo non è un buono ma è il peggior cattivo del film, spietato e freddo. Se Doc durante la fuga pare vacillare in certi momenti, Riccardo non lo fa mai. Chi è allora il buono della storia? Forse Maria? Diciamo la verità, anche lei non versa una lacrima per la sua vicina compagna di shopping e la dimentica subito appena si sente in pericolo e poi tenta una fuga solitaria, accettando di lasciare Riccardo e il bambino nelle mani dei criminali. Una fuga attraverso un campo di grano e che termina con l’umiliazione che Bisturi e “l’holmesco” Trentadue le infliggono costringendola a urinare.
Questo è anche il fattore scatenante dell’instabilità di quest’ultimo, che approccia violentemente Maria tentando anche di stuprarla, prima di essere colpito dal Dottore, preoccupato che il gruppo si faccia notare troppo.
Abbiamo quindi un ritratto della natura umana assolutamente desolante, in cui nessuno si merita veramente di farla franca. Lo spettatore proprio nel momento in cui crede di aver vinto si accorge di aver fatto il tifo per il cattivo. E siamo proprio sicuri che anche lo spettatore sia innocente? Non è forse che anch’egli ha pensato che, tutto sommato, la logorroica e invadente Maria abbia fatto la fine che si meritava? Arriviamo alla fine senza certezze, con la sensazione di aver ricevuto un bel pugno nello stomaco, senza respiro e un po’ colpevoli anche noi.
Voto: 8
(Stefano Candi)