Regia: Michael J.
Bassett
Cast: James Purefoy, Pete Postlethwaite, Max Von Sydow, Rachel
Hurd-Wood, Alice Krige, Mackenzie Crook, Patrick Hurd-Wood, Jason
Flemyng
Produzione: Francia, Inghilterra, Repubblica Ceca
Anno: 2009
Durata: 104 minuti
Nord Africa, 1600: Solomon Kane, mercenario inglese, conduce la ciurma della sua nave all’assalto di una fortezza nemica. Mentre i suoi uomini vengono decimati, Kane raggiunge la sala del trono per impossessarsi del tesoro. Qui appare un demone dalla spada fiammeggiante, il quale gli annuncia che il diavolo reclama la sua anima. Dopo un breve combattimento, Kane si getta da una finestra e precipita in mare. Dopo qualche tempo lo ritroviamo in Inghilterra, dove ha abbracciato la vita monastica. L’abate lo espelle a causa di un sogno premonitore, e a Kane non resta che dirigersi verso il castello di famiglia, nel Devon. Lungo la strada incontra i Crowthorns, una famiglia di Puritani che vogliono imbarcarsi verso il Nuovo Mondo, ma scopre che la regione è caduta in mano ai seguaci dello stregone Malachi.
Solomon Kane è uno dei personaggi nati dalla penna del texano Robert E.
Howard, certo meno noto rispetto a Conan, ma comunque protagonista di
una nutrita serie di racconti, che venivano pubblicati negli anni ’30 su
riviste pulp divenute leggendarie come “Weird Tales”. Al contrario dei
più muscolari Conan o Kull di Valusia, Solomon Kane è un cupo Puritano
dai rigidi principi morali che, nell’Europa e nell’Africa del XVII
secolo, combatte il male in tutte le sue forme. Kane è ossessionato da
una missione, estirpare dal mondo demoni, streghe e stregoni, e la
persegue con spietatezza monomaniacale. Questo ne fa il più repulsivo e
il meno simpatico tra gli eroi degli universi “sword and sorcery” di
Howard, tanto che si temeva una banalizzazione del personaggio che la
buttasse in farsa alla maniera del “Van Helsing” di Stephen Sommers.
Invece Michael J. Bassett rispetta le caratteristiche del Solomon Kane
originale, senza tentare aggiornamenti alla moda e senza snaturarlo.
Il regista inglese ha esordito nel 2002 con il sorprendente “Deathwatch”,
un horror originale ambientato nelle trincee della I Guerra Mondiale, a
cui ha fatto seguito il buon “Wilderness” (2006), survival ambientato in
un isola-prigione al largo delle coste britanniche. Visti i precedenti,
in bilico tra l’horror e il thriller, sorprende un po’ trovarlo alla
guida di un fantasy, sia pure dai toni marcatamente dark come “Solomon
Kane”. I presupposti erano favorevoli, ma il genere non sembra essere
nelle sue corde. Gravato da una sceneggiatura (dello stesso regista) che
spesso rasenta l’imbarazzante, da evidenti limiti di budget e da effetti
CGI accettabili forse una decina d’anni fa, il film risulta tanto
ambizioso nelle premesse quanto deludente nei risultati.
La fedeltà a Howard è indubbiamente positiva, ma non è garanzia di
successo. Bassett immagina per Kane un percorso di redenzione, da
mercenario assassino e bestemmiatore a vendicatore d’ingiustizie,
seguendo un itinerario obbligato: soggiorno in monastero, conversione,
rinuncia alla violenza, crocifissione cristologica e resurrezione come
implacabile paladino della fede. Kane deve salvare la sua anima dannata,
e per riuscirci deve trarre in salvo Meredith, una ragazza caduta nelle
grinfie degli accoliti di Malachi, guidati da un misterioso cavaliere
mascherato. Il cavaliere è dotato di misteriosi poteri, e diffonde
un’epidemia che rende le sue vittime una sorta di zombie, affamati di
carne umana. Kane scoprirà a sue spese che quest’ultimo gli è più vicino
di quanto immagini, e che il proliferare del male ha qualcosa a che
vedere con la sua famiglia, con cui egli aveva troncato ogni rapporto da
quando era stato diseredato dal padre.
Il taglio scelto da Bassett è cupo e serioso, e nel perseguire la sua
aderenza al Kane letterario il regista è supportato da un buon James
Purefoy che, con impegno degno di miglior causa, cerca di conferire
sostanza al suo personaggio. Un’impresa improba, considerata l’ovvietà
dei dialoghi e della sceneggiatura, la quale arranca fino al presunto
colpo di scena finale. Lo scioglimento poi, che vede l’entrata in scena
di un demone colossale realizzato con una computer grafica obsoleta,
risulta ridicolo e frettoloso, sia per carenze strutturali che per la
goffaggine dimostrata dal regista nel filmare le scene d’azione.
La fotografia di Dan Lausten è coerente con l’atmosfera del film,
immergendo il paesaggio in una luce gelida, grigia e fangosa che ha poco
dell’Inghilterra e molto della Repubblica Ceca, dove “Solomon Kane” è
stato girato. Una cosa che, unita a scenografie dall’aspetto posticcio e
a costumi da trovarobato, dà la spiccata sensazione di trovarsi in un
luogo che non esiste da nessuna parte, quello delle coproduzioni
internazionali. Oltre a Purefoy, attore di serie televisive, nel cast
troviamo un sacrificato Pete Postlethwaite e Max Von Sydow, che, dopo il
pessimo “Robin Hood”, sembra stoicamente rassegnato ad interpretare
ruoli di padre nobile in film in costume.
“Solomon Kane”, i cui diritti furono acquistati nel lontano 1997 e che
doveva essere impersonato in prima battuta da Christopher Lambert, è
stato concepito come primo capitolo di una trilogia, idea che ci si
augura non abbia alcun seguito.
Voto: 5
(Nicola Picchi)