Cthulhu

Regia: Dan Gildark
Cast: Jason Cottle, Scott Patrick Green, Cara Buono, Tori Spelling, Robert Padilla
Sceneggiatura: Grant Cogswell
Fotografia: Sean Kirby
Costumi: Doris Black
Produzione: USA
Anno: 2007
Durata: 101 minuti

TRAMA

Russel Marsh è un giovane professore omosessuale che ritorna dalla sua famiglia, nella piccola cittadina portuale di Innsmouth, per partecipare al funerale della madre. Qui ritrova l’amata sorella Dannie, l’inquietante padre (alias reverendo Marsh), leader carismatico di una setta religiosa locale, ed il vecchio amico d’infanzia Mike, di cui Russel è segretamente innamorato. Durante il soggiorno nell’antico paese natale, il professore viene in possesso di una enigmatica pietra nera usata, secondo le leggende locali, per compiere sacrifici umani tesi ad ingraziarsi misteriose quanto crudeli divinità marine. Nel tentativo di saperne di più, Russel comincia a frequentare un bar dove si radunano gli abitanti del luogo e dove conoscerà Zadok Allen, un vecchio marinaio alcolista convinto dell’esistenza di un culto satanico il cui scopo è riportare sulla terraferma diaboliche creature marine. Durante le sue indagini Russel si imbatterà anche nella folle e provocante Susan che, non potendo avere figli dal proprio marito, non esiterà, per rimanere incinta, a drogare e violentare il giovane. Sempre più convinto dell’esistenza di un legame tra la setta religiosa guidata dal padre e la ripetuta scomparsa di molti abitanti del luogo, Russel continua ad investigare e si ritrova nel sottosuolo del paese dove, tra allucinazione e realtà, sfugge ad orride creature anfibie. Tornato in superficie, il protagonista si confida con Mike e proprio quando tra i due nasce un appassionato rapporto sentimentale, il mondo inizia ad impazzire: scoppia la guerra civile, oscure figure barcollanti risorgono dal mare, il reverendo Marsh e la sua setta plaudono ai nuovi signori del mondo. Per Russel è tempo di decidere da che parte stare.

RECENSIONE

Liberamente ispirato al racconto “La maschera di Innsmouth” di H.P. Lovecraft, l’opera prima di Dan Gildark si muove in un territorio totalmente inesplorato, contaminando efficacemente il genere horror con quello gay. Considerando la notoria avversione del solitario di Providence per tutto quanto “diverso” dai costumi della benpensante società anglosassone di inizio novecento, risulta quanto meno ironico che proprio questo film costituisca, a parere dello scrivente, la massima espressione delle atmosfere lovecraftiane. “Cthulhu”, infatti, grazie ad una regia visionaria e ad una splendida fotografia riesce a trasmettere un penetrante senso di inquietudine. Jason Cottle è eccezionale nell’interpretare un personaggio che, dopo aver faticosamente raggiunto un equilibrio interiore, accettando la propria sessualità, è costretto a rimettere in discussione la visione stessa del cosmo. Il resto del cast si rivela all’altezza della situazione, eccezion fatta per Tori Spelling la cui interpretazione caricaturale della casalinga mangiauomini non riesce, comunque, a deteriorare più di tanto la qualità complessiva dell’opera.
La storia nasce come un dramma familiare fatto di incomprensioni, antichi rancori ed amori irrisolti e procede in seguito come un thriller dalle molteplici interpretazioni psicanalitiche, dove le paure del protagonista potrebbero essere semplici allucinazioni dettate dalle proprie nevrosi; poi, all’improvviso, il tutto precipita in un’inaspettata apocalisse. Da qui è facile constatare la fedeltà del film alla struttura narrativa tipica delle opere letterarie di Lovecraft.
Questo, però, non è un film per tutti perché i mostri sono bisbigliati, intuiti e non vengono mai veramente svelati. L’abominevole progenie di Cthulhu (gli ibridi nati dall’accoppiamento, questo sì contro natura, tra esseri umani ed animalesche divinità) è sapientemente descritta non dalle immagini, bensì dall’atmosfera che il film riesce a creare con i suoi panorami lividi, i ritmi discontinui, i dialoghi taglienti.
In una delle tante scene memorabili, il reverendo Marsh invita il figlio a vedere i bambini nati dalla violenza subita, indicandogli una vasca da bagno piena di sangue dove sentiamo (ma non vediamo) i piccoli mostri sguazzare oscenamente: ecco che la fertilità, da molti assunta quale fondamenta dei propri ragionamenti omofobi, diviene negazione stessa dell’umanità. Ancora più spettacolare la scena onirica in cui Russel, passeggiando sulla riva del mare, sembra osservare la bellezza del panorama: un rapido movimento di camera ci mostra che il giovane, in realtà, sta contemplando soddisfatto un enorme cassa di legno dalla quale si agitano le braccia di innumerevoli vittime, tutte in attesa di essere sacrificate al Grande Cthulhu. Molte riprese vengono effettuate dall’alto, mostrando vaste distese erbose o sconfinati tratti di mare, quasi a voler palesare l’insignificanza di noi tutti di fronte agli infiniti misteri del creato, in una visione squisitamente lovecraftiana.
In sintesi una pellicola veramente degna di nota, dalla malia ipnotica, ma probabilmente troppo spiazzante per il grande pubblico.
Voto: 7,5
(Raffaele Siano)