Regia: Dario Argento
Cast: Michael Brandon, Mimsy Farmer, Jean Pierre Marielle, Bud Spencer,
Oreste Lionello, Stefano Satta Flores, Costanza Spada, Marisa Fabbri
Soggetto: Dario Argento, Luigi Cozzi, Mario Foglietti
Sceneggiatura: Dario Argento
Montaggio: Françoise Bonnot
Musiche: Ennio Morricone
Fotografia: Franco Di Giacomo
Scenografia: Enrico Sabbatini
Nazione: Italia
Anno: 1971
Durata: 101 minuti
Roberto Tobias (Michael Brandon) è un giovane batterista di una rock-band che, da qualche
settimana, si è accorto di essere seguito e spiato da un misterioso individuo vestito di
nero. Una sera, dopo le prove, decide finalmente di affrontare quelluomo faccia a
faccia; giunti dentro un teatro completamente deserto, tra i due avviene una
colluttazione, luomo estrae un coltello e, nel tentativo di sottrarglielo, Roberto
lo uccide involontariamente.
Nel teatro, però, nascosta tra le ultime file della platea, cera una strana figura
con il volto coperto da una maschera carnevalesca che ha fotografato quanto avvenuto.
Nei giorni a seguire, Roberto comincia a ricevere lettere contenenti oggetti
delluomo che ha accidentalmente ucciso e diverse minacce di morte e, come se non
bastasse, inizia anche ad avere incubi ricorrenti durante la notte.
Ben presto, tutte le persone che potrebbero aver scoperto lidentità della persona
che lo ha preso di mira vengono uccise, e anche la vita di Roberto pare essere in grave
pericolo.
Preceduto dal magistrale Luccello dalle piume di cristallo (1970) e dal
meno riuscito Il gatto a nove code (1971), Quattro mosche di velluto
grigio rappresenta il capitolo conclusivo della cosiddetta trilogia degli
animali che ha contribuito non poco a rendere Dario Argento uno dei più promettenti
giovani registi di genere della prima metà degli anni 70.
Realizzata nel 1971, Quattro mosche di velluto grigio è senza dubbio una
delle opere più virtuosistiche e sentite dellautore romano, dotata di una carica
visionaria invidiabile e un livello di tensione assai elevato.
Argento si mantiene ancora sul giallo tradizionale, con la sola differenza che, qui per la
prima volta, inserisce nella trama piccolissimi seppur rilevanti elementi surreali,
rappresentati dai ricorrenti incubi del protagonista.
Diversi buchi e ingenuità nella sceneggiatura, scritta dallo stesso regista, non
impediscono alla storia di risultare comunque affascinante ed accattivante, riuscendo a
tenere lo spettatore letteralmente incollato allo schermo.
Funzionale anche il reparto tecnico, a cominciare da una regia assolutamente formidabile,
energica e colma di interessanti innovazioni; non a caso lo stesso Argento ha dichiarato
di aver diretto questo film in un periodo per lui molto felice, che ha definito più
precisamente: di samba brasiliana. Una menzione speciale va anche alla
strepitosa colonna sonora del maestro Ennio Morricone composta perlopiù da rock-blues e
rock progressivo e alla funzionale fotografia di Franco Di Giacomo e allefficace
montaggio di Françoise Bonnot.
Curiosa ma sicuramente azzeccata la scelta del cast, che annovera delle eccellenti
interpretazioni sia da parte dei protagonisti (Michael Brandon, Mimsy Farmer) che dagli
interpreti secondari (Jean Pierre Marielle, Bud Spencer, Oreste Lionello, Stefano Satta
Flores, Costanza Spada, Marisa Fabbri).
Molta della curiosità da parte di chi si accinge a visionare Quattro mosche di
velluto grigio, proviene, tra le molte altre cose, anche dallalone di mistero
che circonda questo film, dal momento che ha la fama di essere se non il miglior film di
Argento sicuramente quello più introvabile, visti i numerosi problemi di distribuzione
accumulati nel corso degli anni e i pochissimi passaggi televisivi registrati fino ad ora;
prima di quello sui canali di Sky Cinema del 26 giugno 2009, lultimo risaliva
addirittura al 22 febbraio 1991 su Rete 4.
In definitiva, per esprimere un giudizio globale su questo film, prendendo come
riferimento i primi titoli della filmografia Argentiana, a parer del sottoscritto, è
sicuramente superiore al pallido (seppur troppo sottovalutato) Il gatto a nove
code ma senza dubbio inferiore al bellissimo Luccello dalle piume di
cristallo e allepico Profondo rosso. Tuttavia, rimane
unopera deliziosa, per la quale è dobbligo almeno una visione.
Voto: 8
(Francesco Manca)