The ferryman

Regia: Chris Graham
Cast: Kerry Fox, John Rhys-Davies, Sally Stockwell, Amber Sainsbury, Tamer Hassan, Craig Hall, Julian Arahanga, Lawrence Makoare
Produzione: Nuova Zelanda
Anno: 2006
Durata: 96 minuti

TRAMA

Un gruppo di giovani avventurieri noleggia lo yatch Dionysus, imbarcandosi per un viaggio da sogno verso le isole Fiji. Nel mezzo del Pacifico però gli amici incontrano una terrificante forza maligna. La vacanza si trasforma in un tremendo massacro. Il Traghettatore sta arrivando e tutti dovranno pagare!

RECENSIONE

Esiste nella vita qualcosa di peggio di un brutto horror? Esiste, ed è un horror mediocre. Escludendo il brutto-annichilente (l’opera omnia di Uwe Boll e di Andreas Schnaas), con il brutto possiamo sempre invocare l’ormai classico “so bad it’s good” (l’opera omnia di Olaf Ittenbach o l’ultimo Argento), sghignazzare, darci allo schiamazzo e lanciare oggetti di varia natura contro lo schermo, mentre con il mediocre c’è ben poco da fare. La risata si strozza in gola, la palpebra si socchiude ed il malcapitato spettatore comincia a guardare nervosamente l’orologio, domandandosi per quale malevolo postulato scientifico 96 minuti sembrino 240. E’ quello che succede con “The ferryman”, film neozelandese che si svolge interamente a bordo di uno yacht, in concorso al Ravenna Nightmare Festival. L’idea sembrava, se non nuova, almeno suggestiva ed ideale per un’ambientazione discretamente claustrofobica, in grado di fornire spunti e suggerimenti ad un regista all’altezza. Senza scomodare capolavori come “Il coltello nell’acqua”, ricordiamo negli ultimi anni film abbastanza riusciti, come “Ore 10 calma piatta” o addirittura “Ghost ship”. Purtroppo a complicare le cose sopraggiunge una sceneggiatura di rara stupidità, basata su un’ipotetica leggenda: più o meno mille anni fa, un uomo (supponiamo defunto) si rifiutò di pagare al Traghettatore che conduce le anime nell’aldilà (il Ferryman del titolo) le fatidiche due monete d’argento, non è dato sapere se per tirchieria o perché voleva sfangarla. Da quel momento l’uomo è perennemente inseguito dal Traghettatore che immaginiamo parecchio scocciato, un po’ come sarebbe un tassista se vi rifiutaste di pagargli la corsa. E che cosa s’inventa per confonderlo? Attraverso un pugnale dai poteri magici e dal design incerto (prendetevela con il trovarobe del film), salta da un corpo all’altro nella speranza di diventare il primo campione mondiale di body jumping. E fin qui siamo solamente al prologo, che dava almeno l’avvisaglia di un possibile “brutto con schiamazzo”, invece le cose peggiorano ulteriormente con l’avvio della storia: un gruppo di amici, con tanto di skipper Maori, decide di concedersi qualche giorno di vacanza alle isole Fiji, ma incappano in un banco di nebbia (poco carpenteriana e per nulla kinghiana) dove trovano una barca alla deriva. Una volta saliti a bordo, scoprono l’individuo di cui sopra che millanta di essere scampato ad una tempesta. In men che non si dica se lo portano a bordo dello yacht, dove questi può ricominciare a saltare come un grillo da un corpo all’altro provocando una mezza ecatombe, finchè si farà fregare dall’ultima sopravvissuta che, in una scena lesbo piuttosto sonnolenta, gli caccerà in gola le monete insieme alla lingua. E qui arriva il Traghettatore a riscuotere il suo credito, e noi comprendiamo istantaneamente perché si sia lasciato menare per il naso per più di mille anni: l’essere sfoggia infatti delle assurde treccine rasta e noi, sapendo quanta di quella roba si fumino in Giamaica, realizziamo che probabilmente era troppo fatto per tutto il tempo. Tra l’altro il film è anche diseducativo, dato che le buone maniere prescrivono che almeno ci debba essere una ragione per cambiare ospite, come deterioramento del corpo o malattia, e non così tanto per fare, per puro esibizionismo. Unica scena di possibile culto, la bionda non proprio avvenente, posseduta e dedita all’autoerotismo, ma sinceramente è un po’ poco. Su regia e attori è meglio stendere l’usuale velo pietoso, e consiglio di negare al film anche la miserrima consolazione di un noleggio, se mai uscirà in DVD dalle nostre parti.
Voto: 4
(Nicola Picchi)