Muoi

Regia: Kim Tae-kyung
Cast: Cha Ye-ryeon, Jo An, Ahn Thu, Hong Anh, Lim Seong-eon, Hong So-hee, Binh Min
Produzione: Corea/Vietnam
Anno: 2007
Durata: 103 minuti

TRAMA

Yoon-hee, una scrittrice in difficoltà, viene a conoscenza della leggenda di Muoi, e decide di partire per il Vietnam per indagare.

RECENSIONE

A partire dal “Ritratto ovale” di E.A. Poe, passando per il wildiano “Ritratto di Dorian Gray” e per quello di Joseph Curwen nel lovecraftiano “Il caso di Charles Dexter Ward”, il ritratto “maledetto” è sempre stato uno dei temi cardine della letteratura fantastica, da cui si è in seguito travasato nel cinema per vie traverse. E proprio di un ritratto racconta “Muoi” (sottotitolo “Legend of a portrait”), coproduzione coreano-vietnamita firmata Kim Tae-kyung, che proprio in Vietnam ha paradossalmente avuto problemi di censura, dato che il governo non vede di buon occhio le opere che affrontano temi soprannaturali (come del resto accade in Cina), accusate di incoraggiare la superstizione. Yoon-hee è una giovane scrittrice in difficoltà ed in cerca di ispirazione dopo il suo primo best-seller, un romanzo scandalistico in cui narrava, sotto trasparenti pseudonimi, le storie private del suo gruppo di amici. Venuta a conoscenza della leggenda vietnamita di Muoi decide di partire per la città di Dalat in Vietnam, dove si è trasferita la sua amica Seo-yeon, per approfondire l’argomento e farne soggetto di un libro. Seo-yeon, pittrice ed assistente di un professore esperto di folklore, le racconterà la triste storia di Muoi, divenuta uno spettro assetato di vendetta il cui spirito è imprigionato in un ritratto custodito in un monastero buddista. Inutile dire che lo spirito di Muoi, a cui ci si può rivolgere per ottenere vendetta, si risveglierà e tornerà a colpire, secondo tradizione, il 15 del mese ad ogni luna piena. Quando poi veniamo a scoprire che Seo-yeon era stata costretta a lasciare la Corea per la vergogna dopo essere stata ingiustamente diffamata nel libro di Yoon-hee, intuiamo che stiamo per assistere ad una storia in cui le umiliazioni subite ed i rancori e le vendette del passato si riverberano e si incrociano con quelle del presente. Fino a qui rimaniamo nel collaudato filone della ghost-story di matrice asiatica, con donne il cui unico ruolo possibile sembra essere quello di vittime predestinate di atrocità inenarrabili, che ritornano dopo la morte in cerca di vendetta. Ma se è pur vero che "Muoi" ricorda "Sadako" (ed una decina di altre) e che la sceneggiatura non brilla per originalità, è anche vero che il film si riscatta in virtù di una regia elegantissima e non banale, in cui ogni inquadratura è calibrata e studiata alla perfezione. Kim Tae-kyung ci porta a spasso in un Vietnam mai stucchevolmente oleografico, anche nei curatissimi flashback che ne rievocano il passato coloniale, aiutato dalla soffusa fotografia di Park Jae-hong che regala al film una ricercatezza visiva superiore alla media. Sceglie inoltre di focalizzare l’attenzione dello spettatore più sul complesso rapporto tra Yoon-hee e Seo-yon (una splendida Cha Ye-ryeon, già vista in “A bloody aria” e “Voice”) che non sui risvolti prettamente orrorifici della vicenda, tanto che il film risulta più un melodramma che un horror. Un horror in cui, contrariamente a quanto avviene di solito, noi siamo dalla parte del fantasma piuttosto che da quella dell’antipaticissima Yon-hee, peraltro resa da Jo An con il giusto mix di determinazione e di colpevole superficialità. Ed è proprio questo spostamento del punto di vista la cosa più interessante di “Muoi” che, insieme alla cura nella confezione, lo pongono un gradino al di sopra degli ultimi horror arrivati dalla Corea, che appaiono sempre più impegnati ad inseguire supinamente il modello americano.
Voto: 6,5
(Nicola Picchi)