Man-Thing

Regia: Brett Leonard
Cast: Matt Le Nevez, Rachel Taylor, Steve Bastoni, Jack Thompson
Sceneggiatura: Hans Rodionoff
Musiche: Roger Mason
Fotografia: Steve Arnold
Produzione: USA
Anno: 2005
Durata: 93 minuti

TRAMA

Kyle Williams è il nuovo sceriffo di Bywater, un piccolo paese immerso nel cuore paludoso del sud degli Stati Uniti. Sta indagando su alcune misteriose sparizioni e viene a conoscenza di un’antica leggenda degli indiani Seminole: le paludi sono sorvegliate da una forza arcana, un mostro antropomorfo capace di sterminare chiunque osi addentrarsi nei suoi territori. E la ditta di trivellazione che sta contaminando la palude è la prima a scoprire che Man-Thing esiste realmente.

RECENSIONE

Brett Leonard è sempre stato sinonimo di buona volontà. Perché è innegabile che ci metta passione e tutto il sentimento del mondo nel suo lavoro, glielo concediamo, ma a girare un film perlomeno decente ancora non c’è riuscito. Quindi, magari, lui ha pure un pizzico d’orgoglio nell’elencare i suoi film in curriculum - tra i quali si ricordano, giusto per amore della precisione, i più famosi, come Il Tagliaerbe e Virtuosità - viceversa, lo spettatore esigente di sicuro non assocerà complimenti e congratulazioni al suo operato, ma piuttosto pacche sulle spalle e parole di commiserazione. Quando non saranno le uova marce a parlare.
Qui Leonard si ripresenta con un’opera tratta da un fumetto minore di casa Marvel, dall’altisonante titolo de L’uomo-cosa, chiara dimostrazione di come, già da questo punto, l’originalità si sia rifiutata di dare il suo contributo.
Man-Thing, di fondo, è un b-movie, di quelli che più classici di così si muore, travestito - neanche tanto bene - da apologo ecologista di poco valore. Però, anche stavolta, bisogna ammetterlo, di buona volontà ce n’è parecchia. La costruzione della trama, infatti, è straordinariamente complessa per un film di questo tipo, con un cospicuo numero di personaggi, stereotipati quanto volete, ma si denota con piacere almeno un timido tentativo di dare più spessore al tutto. Resta però il fatto che Rodonioff allo script non ha dato la stessa importanza a dialoghi ed eventi, afflosciando presto il tutto in un piattume addirittura esasperante, con tanto di susseguirsi di morti telefonate con largo anticipo, una pioggia di colpi di scena della consistenza di uno sbadiglio, soluzioni e avvenimenti che hanno poco a che fare con il termine ‘novità’, e l’inevitabile storia d’amore, mai come in questo caso così zoppicante e inutile. Senza contare una serie interminabile di imprecisioni, improbabilità, immondizia e tante altre brutte robe che iniziano con im.
Leonard trasforma la sceneggiatura in immagini in maniera, ahimè, decisamente troppo tecnica e masturbatoria, sia per le sue (probabilmente nascoste) doti di regista, sia per le (probabilmente dimenticate da qualche parte) qualità della storia. Pertanto proprio non vanno giù le continue interruzioni che il filmaker sfrutta per infilare fastidiose e - permettetemelo - davvero brutte sfilze di immagini da videoclip, montate in modo ignobile, inconsistente e assolutamente insignificante ai fini della storia.
Forse, e di questo bisogna dargliene atto, dirigere pezzi di marmo come Matt Le Nevez e Rachel Taylor dev’essere stato uno strazio anche per uno come lui, che in fondo un po’ di gavetta altisonante ce l’ha, avendo lavorato con Pierce Brosnan e i premi oscar Russel Crowe e Denzel Washington. Le Nevez, in particolare, merita una menzione per una capacità veramente sbalorditiva di tenere la stessa identica espressione in tutta la pellicola, sia che stia facendo il duro, sia che se la stia facendo sotto, sia che stia baciando la bella maestrina. Guai però se lo tacciate di incoerenza.
Di tutt’altra storia invece le musiche, countreggianti e calde, molto varie, che ben seguono la narrazione e che si fondono perfettamente con l’opaca e afosa fotografia di Steve Arnold.
Tutto sommato notevole anche il reparto effetti speciali, con una creatura in computer grafica ben disegnata, sinistra e sufficientemente mostruosa. Così come lo splatter, centellinato giusto in due-tre scene, ma abbondante e gustoso.
E così, tra imprenditori che girano armati di mitra, fucili a pompa che non provano alcun rinculo, imbarazzanti tecnici della troupe che fanno capolino nella scena clou, e sciamani che pregano gli spiriti della natura davanti a un crocefisso, Man-Thing volge al termine.
Però, attenzione, una possibilità dategliela a Brett Leonard, perché, a dirla tutta, il suo film diverte, si prova una certa simpatia - che però spesso fa rima con pietà - per i suoi protagonisti, e un’ora e mezza in sua compagnia la si passa più che volentieri. Basta che vi sfoghiate con le scorte di frutta e verdura assortita solo quando arrivano i titoli di coda.
Voto: 5
(Simone Corà)