Non ho sonno

Regia: Dario Argento
Cast: Max Von Sydow, Stefano Dionisi, Chiara Caselli, Roberto Zibetti, Gabriele Lavia, Paolo Maria Scalondro, Rossella Falk
Soggetto e sceneggiatura: Dario Argento, Franco Ferrini, Carlo Lucarelli
Musiche: Goblin
Effetti speciali: Sergio Stivaletti
Anno: 2001
Durata: 117 minuti

TRAMA

Siamo a Torino nell’anno 2000.
Una prostituta si trova a casa di un cliente e mentre quest’ultima sta lasciando l’abitazione riesce a mala pena ad udire strani lamenti infantili provenire dalla voce dell’uomo.
Inavvertitamente la donna “requisisce” a quell’individuo una cartelletta azzurra contenente articoli di cronaca nera che narrano avvenimenti accaduti vent’anni prima, vale a dire i “delitti del nano”.
La sfortunata giovane si accorgerà che la persona con cui è appena stata non è altri che uno spietato assassino.
E’ solo l’inizio di una lunga serie di atroci delitti.

RECENSIONE

Dario non ha sonno e uccide; lui stesso, metaforicamente parlando asserisce che l’omicidio è un metodo infallibile per l’insonnia, cosa che lo tormenta spesso e che la maggior parte delle volte, lo ispira, e grazie a questo riesce sempre a ideare e scrivere nuove storie spaventose.
In questa occasione, però, Argento non riesce, come ultimamente gli capita, a spaventare e angosciare lo spettatore, che si rabbrividisce solo in alcune sequenze più impressionanti dal punto visivo e non psicologico; prendi per esempio la scena del gattino con le unghie e i polpastrelli tagliati, o ancora il coniglietto con i denti strappati, e via discorrendo.
Ho citato alcuni nomi di animali, proprio perché questi ultimi sono gli elementi portanti della storia e tutto quanto gira attorno ad una fattoria, “La fattoria della morte”; un nano, e per nano si intende una persona di bassa statura, trucida e sevizia giovani donne seguendo uno schema preciso attraverso le sembianze di ognuna esse.
Prima c’è il gallo che suona bene il suo strumento (madre di Giacomo), viene poi il maiale (la prostituta), il gatto (ragazza in discoteca), il coniglio (donna del fast-food) ed infine il cigno più bello (la giovane danzatrice).
Gli omicidi sono discretamente articolati e dosati, ma manca un elemento essenziale: la suspence, sensazione che Darione ci faceva provare ai magnifici tempi de “L’uccello dalle piume di cristallo”, “Quattro mosche di velluto grigio”, “Profondo Rosso” (ovviamente), “Suspiria” ecc.
Questo è un film del tutto grossolano, in cui niente e nessuno ha importanza; non vi è più il fenomeno dei colori, degli specchi, della fotografia, aspetti predominanti soprattutto nelle “Quattro mosche” e in “Suspiria”, fondamentali anche in “Profondo Rosso”.
Non c’è più l’Argento splendente di una volta, dove sono finiti i vecchi trucchetti “effetto a sorpresa”, e a maggior ragione, ci troviamo di fronte a un altro quesito: perché Dario Argento non ha usato le sue mani in questa pellicola nelle scene degli omicidi?
Inoltre, vi è un altro buco nero in questo film: la sceneggiatura, scritta a tre mani; oltre ad Argento, ci sono Franco Ferrini e indovinate un po’... Carlo Lucarelli (Blu Notte).
Ad ogni modo la stesura lascia parecchio a desiderare; come già detto e ripetuto mancano diversi elementi essenziali di cui non si può fare a meno.
Dario, mi aspettavo di più.
Voto: 5,5
(Francesco Manca)