La setta

Titolo originale: The sect
Regia: Michele Soavi
Cast: Kelly Curtis, Herbert Lom, Mariangela Giordano, Tomas Arana, Michel Adatte, Carla Cassola, Angelica Maria Boeck
Soggetto e sceneggiatura: Michele Soavi, Dario Argento, Giovanni Romoli
Fotografia: Raffaele Mertes
Montaggio: Franco Fraticelli
Scenografia: M. Antonello Geleng
Costumi: Vera Cozzolino
Musiche: Pino Donaggio
Produzione: Italia
Anno: 1991
Durata: 116 minuti

TRAMA

La setta dei “Senza volto” approda in Europa dagli Stati Uniti, disseminando lungo il suo passaggio violente morti finalizzare ai rituali demoniaci, perpetrati dai suoi sanguinari adepti che si nascondono dietro le facce perbene della gente comune. Ed è proprio dell’omicidio di una giovane donna, una insospettabile legata alla setta, la notizia di cui parla la radio, mentre il vecchio Moebius lascia il suo appartamento a Francoforte e si dirige verso una meta indefinita, portando con sé solo un pacchetto dal contento misterioso.
Durante il suo tragitto, una giovane maestra, Miriam, rischia di investirlo con la macchina facendolo ruzzolare a terra. Rifiutando ogni offerta della donna di accompagnarlo in ospedale, il vecchio la segue fino alla sua isolata casa di campagna. Qui, durante la notte, il vecchio apre il piccolo pacchetto, rivelando un insetto preistorico inspiegabilmente ancora vivo. Mentre Miriam sta dormendo ignara di tutto, Moebius deposita l’insetto sul suo volto e lascia che quest’ultimo si intrufoli nella narice della donna.
Comincia così per Miriam un incubo talmente vivido e reale da valicare rapidamente i confini del sogno e a farsi largo nella sua semplice vita, trasformando il suo tranquillo mondo in una girandola malvagia di sangue e orrore.

RECENSIONE

Michele Soavi ci racconta l’ennesima storia della nascita del diavolo includendo nel film elementi a sé stanti al diavolo stesso, ma che s’intrecciano in modo sorprendente nella trama, dando vita a un prodotto originale, insolitamente poco apprezzato. Se da una parte abbiamo il classico film sull’avvento dell’anticristo alla Rosemary’s baby, così caro all’industria hollywoodiana, dall’altro abbiamo tutte le componenti dei film horror classici: brutali assassini, rituali magici, pozzi, obitori, mostri alati, e una speciale sindone maledetta che può trasformare in demoni chiunque la tocchi. Tutti questi elementi trovano spazio all’interno del corpo principale del film, che gira intorno all’ignara Miriam -che è la prescelta per divenire la madre dell’Anticristo, amalgamandolo con grande coraggio e spirito d’avventura, lontano anni luce in questo senso dal suo scarno predecessore “La Chiesa”.
Ciò che rimane è un horror che prende molteplici forme, discostandosi molto da quelli dello stesso genere, ma senza quasi mai perdere il filo della storia. E’ un film che trova nella sua originalità narrativa il suo punto di forza, tanto da perdonare al regista qualche banalità nelle scene: il fermacarte che prende le somiglianze del vecchio indemoniato, per esempio, è assolutamente di cattivo gusto e il regista ce lo poteva risparmiare.
Kelly Curtis, sorella della più conosciuta Jamie Lee Curtis, non delude le aspettative della famiglia e sostiene con grande prestanza artistica il ruolo della maestrina svampita, entrando perfettamente nel personaggio chiave del film. Accanto a lei - e di certo non meno bravi, abbiamo Herbert Lom (nei panni del vecchio Moebius), e Tomas Arana (nei panni del diabolico Damon, il leader dei “Senza volto”). Il film, unito a questo cast internazionale e competente (non riesco a immaginare, con tutto il buon cuore, un film del genere sostenuto da attori nostrani), riesce a mantenere il passo delle produzioni hollywoodiane d’oltreoceano: vedendo il film, non si notano infatti le stonature artificiose che rendono una pellicola prodotta nel nostro paese diverse da ciò che gli americani c’hanno abituato a vedere nel corso degli anni. In questo senso, a mio avviso, “La Chiesa” si pone a un livello più basso, anche se fra i due film, sicuramente quest’ultimo è stato più apprezzato dal grande pubblico.
Gli effetti speciali non mancano e sono fatti bene, anche se talvolta sono così ben mascherati da non lasciar trasparire traccia: a quel tempo l’era digitale era un sogno, e la discesa nel pozzo di Miriam è pura illusione ottica sapientemente ricreata con l’ausilio di sfondi e scenografie. Anche l’uccello preistorico che sbuca dallo stesso pozzo sembra tutt’altro che meccanico, così come l’insetto che si fa largo nottetempo nella narice di Miriam.
Michele Soavi se la cava molto bene dietro la macchina da presa (molto meglio di Dario Argento, tecnicamente parlando.) L’uso frequente della dollycam (la prima, lunga scena di apertura ne è un esempio), dà al film un’eleganza e un’impronta artistica del tutto particolare. Anche la fotografia, a mio avviso, è molto curata e studiata a tavolino con grande cura.
Forse l’unica pecca del film rimane nella sua componete narrativa, che introduce sempre nuovi elementi diversi e disturbanti (i vermicelli bluastri che infettano l’acqua del rubinetto a casa di Miriam, ad esempio), arrivando a creare nello spettatore ignaro una aspettativa di originalità che alla fine non arriva, ma gira ancora intorno allo strausato avvento del maligno. Ma l’orrore, si sa, non sempre è così originale come si vorrebbe far credere.
Un film italiano ben fatto, che non dovrebbe, per forza di cose, mancare nella videoteca di qualsiasi appassionato del genere horror.
Voto: 9