Regia: Brad Anderson
Cast: Peter Mullan, David Caruso, Stephen Gevedon, Paul Guilfoyle, Josh
Lucas, Brendan Sexton III
Soggetto e sceneggiatura: Brad Anderson, Stephen Gevedon
Fotografia: Uta Briesewitz
Montaggio: Brad Anderson
Costumi: Amie E. McCue
Musiche: Climax Golden Twins
Produzione: USA
Anno: 2001
Durata: 96 minuti
Gordon Fleming (Peter Mullan), socio di una ditta di bonifica, ottiene con non poca
facilità lappalto per lo sgombero dellamianto dalle stanze di un vecchio
manicomio abbandonato. Gordon ha bisogno di quel lavoro: gli affari non stando andando
affatto bene e la sua società rischia il tracollo finanziario da un momento
allaltro. Inoltre sua moglie ha appena dato alla luce una bambina, ma ciononostante
il clima famigliare che si respira non è dei migliori.
Il manicomio ha chiuso i battenti nel 1985, dice il custode, mentre Gordon e il suo socio
in affari si apprestano a visitarlo per un sopralluogo. Il vecchio edifico di mattoni
rossi, imponente e dalla sinistra forma a pipistrello, attira ancora balordi di ogni
genere: vagabondi, senzatetto, vecchi pazienti rimasti a piede libero dopo la sua
chiusura. E strano pensare come quelle stanze sporche e opprimenti, quei lunghi
corridoi vuoti e bui, quelle foto ingiallite appese alle pareti piene di sorrisi sdentati
e pazzoidi, possano richiamare ancora esseri umani. Eppure è quello che si domanda Gordon
quando la sua attenzione viene attratta da quella sedia a rotelle adagiata sul fondo del
corridoio in penombra, sbilenca come un cervello con una rotella fuori posto,
limbottitura marcita dello schienale squarciato, come in silenziosa attesa di un
paziente che tarda ad arrivare.
Così, dopo qualche giorno, i lavori di bonifica cominciano. Ma ben presto i cinque operai
dovranno fare i conti con le loro più intime paure, mentre qualcosa nel manicomio sembra
rivivere ancora: una scatola piena di registrazioni audio di vecchie sedute, trovata per
caso da uno degli operai, fa riemergere una terribile storia di sangue e di violenza
domestica, attraverso la voce di Mary, una ragazza affetta da personalità multipla,
terrorizzata dal mostruoso Simon.
Possibile che Simon non sia ancora morto?
Possibile che si tratti di un demone alla continua ricerca di un individuo da possedere?
Passato quasi del tutto inosservato dal pubblico e girato con un budget limitato, Session
9 è uno di quei rari film horror che riesce a spaventare lo spettatore dallinizio
fino alla fine senza quasi mai annoiare. Non ci sono effetti speciali, non ci sono mostri
né serial killer on the loose. Cè soltanto un edificio abbandonato che esiste
realmente, il Bonner Medical Building di Danvers, e le sue stanze piene di tristi ricordi
di unepoca andata. Quello e poco altro. Ma quel poco che cè si incastra
magicamente costruendo un puzzle diabolico e disturbante, in grado di accalappiarsi la
nostra attenzione e, al momento opportuno, anche di giocare con le nostre paure.
Mentre la storia si apre in maniera lineare e fluida, laccadere degli eventi innesca
una trama fitta, densa di colpi di scena, saltando da un personaggio allaltro. Una
scelta narrativa indispensabile per creare suspense e per delineare il profilo emotivo dei
protagonisti, ma che finisce per confondere lo spettatore verso la fine del film, dove
lintreccio si snoda in una parabola ascendete di orrore. Un orrore di cronaca fin
troppo attuale, che inchioda alla poltrona e disturba lo spettatore nella sua perversa e
ineluttabile determinazione.
Non è difficile trovare analogie con The Shining di Stanley Kubrick e il famigerato
Overlook Hotel in Session 9. In entrambi i film abbiamo la tragedia di un uomo, al margine
della sanità mentale, e un particolare luogo infetto, che ha come assorbito gli elementi
negativi nel corso della sua storia. Eppure, mentre The Shining lascia intendere fin da
subito che Jack Torrance sarà il cattivo della vicenda, Session 9 si avvale di una
sceneggiatura più complessa e insidiosa, che concede allo spettatore un margine di dubbio
fino alla fine. Ecco perché, nonostante le somiglianze con un capolavoro universalmente
riconosciuto della storia del cinema horror, abbiamo in Session 9 un prodotto a sé
stante, superbo, che si regge in piedi senza quasi mai incespicare.
Nonostante le fondamenta date dalla sceneggiatura siano solide e intriganti, la fotografia
discreta e un sonoro da brivido, qualche perplessità rimane nel montaggio, principale
imputato di confondere le idee e il percorso della tragedia. Ma qui, naturalmente, entra
in gioco una questione di puro gusto estetico. Rivedendo il film ogni dubbio si dipana e
si ha come limpressione di scendere in un incubo, di calarsi nellinferno di
unanima umana in disfacimento, seguendo il sentiero tortuoso e insensato della
follia di Mary, mentre i suoni distorti (e altrettanto insensati) della colonna sonora ci
feriscono le orecchie, confermando quello che già possiamo intuire: un luogo può essere
così spaventoso da farci tremare dalla paura, e il nostro cervello, come una spugna, è
in grado di assorbire i demoni che ancora non lhanno abbandonato.
In conclusione posso affermare che Session 9 rimane un buon film horror ingiustamente
dimenticato, certamente non esente dai difetti di una giovane regia (fortemente migliorata
con Luomo senza sonno), ma sicuramente una piccola perla scintillante
nellabisso dellindecenza di questo genere maledetto.
Voto: 8