M il mostro di Dusseldorf

Titolo originale: M (Morder)
Regia: Fritz Lang
Cast: Peter Lorre. Gustav Grundgens, Otto Wernicke, Theo Lingen
Sceneggiatura: Fritz Arno Wagner
Pellicola: bianco e nero
Produzione: Germania
Anno: 1931
Durata: 106 minuti

TRAMA

Franz Becker vive a Dusseldorf, è un pedofilo assassino, attratto dalle bambine.
Le attira offrendo loro dei regali, per poi abusarne e ucciderle.
Viene identificato a causa della sua abitudine di fischiettare sempre lo stesso ossessivo motivetto (“Peer Gynt”), anche quando si allontana dalla scena del crimine.
L’orrenda catena di delitti aumenta. E’ la malavita della città che, esasperata, si adopera maggiormente per dare la caccia al mostro il quale, mettendo in allarme la polizia, ostacola i loschi traffici della delinquenza.
Una volta catturato, il primo processo a cui viene sottoposto Franz Becker è proprio quello dei fuori legge, che lo vogliono morto.
Per intervento della polizia, invece, gli viene risparmiata la vita.

RECENSIONE

Liberamente ispirato alla reale vicenda del pedofilo Franz Becker, M è qualcosa che va oltre la trama effettiva.
Fritz Lang è sempre stato attento a delineare i vari aspetti malsani della società, evidenziando tratti di denuncia sociale (le pellicole Metropolis, del 1926 e la precedente Il dottor Mabuse, del 1922, il cui protagonista pare precedere la figura di Hitler, in quanto a follia distruttiva).
Con questa pellicola più che con qualsiasi altra, egli punta il dito accusatore sul tracollo economico della Germania degli anni Trenta, in odore di tragici cambiamenti politici, disillusa e squilibrata quanto questo mostro.
L’atmosfera angosciante del film si associa a quella, ancor più tetra, che farà da preludio al nazismo.
La scena finale nel sotterraneo di una distilleria, con il gruppo rappresentante i malavitosi “normali” che insorgono per condannare a morte il criminale “anormale”, ha in sè una forza sociale notevole.
Per assurdo, è la polizia a salvare il mostro dalla pena capitale, in un totale stravolgimento delle regole.
La sceneggiatura di Wagner è eccezionale, soprattutto perché, in pieno clima espressionista, ha saputo sfruttare lo scenario offerto dalla città, gli antri bui e le strade povere, avvolte dal fumo.
Peter Lorre è un interprete straordinario: un omicida seriale goffo, laido e viscido. L’attore gioca più sull’immagine inquietante (viso tondo, occhi sporgenti e lucidi) che sugli effettivi crimini. All’epoca del film, peraltro, le efferatezze di Becker erano solo accennabili.
Una maschera di bestialità così diversa dalle rappresentazioni cinematografiche dei serial killer di oggi (tese spesso all’estremo), eppure così efficace.
Voto: 9
(Sara Palladino)