28 giorni dopo

Titolo originale: 28 days later
Regia: Danny Boyle
Cast: Cillian Murphy, Naomie Harris, Christopher Eccleston, Megan Burns, Brendan Gleeson
Sceneggiatura: Alex Garland
Produzione: Olanda, Gran Bretagna, USA
Anno: 2002
Durata: 112 minuti

TRAMA

Londra. Laboratorio segreto. Esperimenti sulle scimmie. Eco-terroristi che irrompono e la combinano grossa. Il morbo della “rabbia” inizia il lavoro per cui è stato creato...
Jim si sveglia in un ospedale e... beh, scopre che non c’è più nessuno. Ohibò, ma dov’è finita tutta la gente? Sono tutti a giocare a nascondino? E così, accompagnato da un grande crescendo di musica che ti cala nella lugubre atmosfera della situazione, cammina per le strade di una Londra guarda caso preda del caos. E’ in una chiesa che incontra i primi “infetti” (grande spreco di originalità per scegliere questo nome, eh?). Non gli resta altro che scappare, e trovare rifugio nel negozio fortezza degli, a quanto pare, unici due sopravissuti (tra i quali c’è Selena). Ma la banfa dura poco: dopo la disastrosa sosta a casa di Jim, i nostri eroi vagano senza meta, alla ricerca di... boh? Chi lo sa? Loro dicono “sopravvivere”... Fattostà che arriveranno in un fortino messo in piedi dai militari, e solo lì inizieranno i veri guai...

RECENSIONE

Ahi ahi ahi, che delusione il film di Danny Boyle. L’inizio è travolgente, con quella musica affascinante, il caos della città, l’arrivo degli zombie-infetti, la disperazione dei sopravissuti. Poi va sempre peggio.
Cominciamo dagli zombi del nuovo millennio, gli infetti. Spettacolari quando si muovono (movimenti spezzati e scattosi, che rendono perfettamente l’idea di una rabbia incontrollabile), ma per tutto il resto, mamma mia, meglio stendere il classico velo pietoso. Non si sa il perché, ma escono solamente di notte (paura della luce solare?), ce ne saranno sì e no cinque in tutto il film, e fanno cucù esattamente dove e quando te lo aspetti. E la sorpresa, dov’è finita? Il salto dalla poltrona? E i pop-corn tutti all’aria? Bah...
Tocca ai protagonisti, ora. Nella prima parte, Jim è perfetto: cauto, impaurito, confuso. Poi alla fine... beh, c’è tempo per quella.
Selena, invece, dapprima è dura, cattiva, insopportabile nella sua motivazione vitale. Poi, ad un tratto, diventa più tenera di una pecora: perde tutta la cattiveria, diventa insicura e addirittura si innamora. Insomma, è vittima di un volta faccia assurdo, che in un simile situazione difficilmente potrebbe accadere.
E i militari... Oh, ecco che arriva il piatto forte. Orribili, ecco come sono. I peggiori della storia del cinema tutto. Risultano essere terribilmente inverosimili. Impacciati e goffi gli attori, terrificanti i personaggi che stentano ad interpretare, incapaci di dire un parola intelligente che sia una. Stupidi, insignificanti, idioti: ecco come li vede Danny Boyle. Capaci, in una simile situazione, di avere in mente solo quello che ci sono sotto i vestiti delle due protagoniste (la già citata Selena e una ragazzina), quando in palio c’è nientemeno che la vita. Risultato? Questo tema trattato, sicuramente forte, impegnato e dall’indiscussa importanza, fuoriesce esagerato, esposto superficialmente, in malo modo, e troppo, troppo facilmente prende il sopravvento su tutti gli eventi narrati. E qual è il brutto? Già, il brutto è che a questo punto del film gli infetti vengono messi da parte per inscenare questa denuncia antimilitarista che non va da nessuna parte (gli uomini sono peggiori dei mostri, certo, ma - cavolo! - non c’erano altri modi per dirlo?), dove i protagonisti vengono stravolti dai loro ruoli. E qui mi ricollego a quanto non ho detto prima. Jim, improvvisamente, diventa un vendicatore, un killer freddo, spietato, imbattibile, immortale, quasi un supereroe, e in un batter d’occhio metterà a rischio la sua vita per salvare le due donne. E il bambino indifeso di prima, dove cavolo si è nascosto?
E i dialoghi? Santo cielo, dove sono finiti i dialoghi? Parlano come fossero bambini delle elementari, salvo l’unico militare dal buon cuore che, una volta imprigionato, si perde in un lungo monologo (dal quale poi si comprenderà il finale) che, tutto sommato, lascia il tempo che trova, detto a quel punto del film. Ah, proprio non ci siamo. No, no e poi no.
E per quanto riguarda il finale? Lasciamo perdere, và. Eppure non mi sembra sia un film targato Disney...
Un peccato. Ecco che cos’è: un peccato.
Tutto da buttare, quindi?
No, le musiche sono veramente ottime, di grande atmosfera. Perfette nel loro ruolo. E poi c’erano ottime trovate che variavano di quel tanto che bastava il genere (gli infetti che devono nutrirsi, sennò muoiono di fame; il trucco, le splendide scenografie, il tema stesso trattato, che dovrebbe essere il vero e proprio significato profondo del film...)
Tutto il resto nel cestino.
Voto: 4
(Simone Corà)