Veleno d'autRICE

Per il veleno ci vuole dedizione. Non è un modo come un altro per uccidere: servono la pazienza del ragno e la crudeltà del gatto, per attendere gli effetti di una pozione. Dev’essere per questo che le leggende costruite intorno a Giulia Tofana, la descrivono tanto bella quanto fredda e intelligente. Le sue clienti infatti erano per lo più donne sposate troppo giovani con uomini crudeli, che le trattavano come la merce di scambio quali erano. Umiliate e offese, si rivolgevano a Lei chiedendo una soluzione incolore, inodore e insapore da somministrare un poco ogni giorno, perché la morte arrivasse lenta e inesorabile, tra dolori sempre più atroci.
Lei sola poteva aiutarle: Giulia Tofana, supposta figlia di cotanta madre, Thofania d’Adamo, giustiziata nel 1633 per aver assassinato il marito, proprio con una soluzione venefica, forniva loro il rimedio al tormento di un matrimonio infelice.

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Era bellissima a quanto pare, e intelligente al punto che, pur essendo analfabeta, era perfettamente in grado di sperimentare in punto all’uso di varie sostanze, creando la ricetta perfetta della cosiddetta “acqua tofana”, ben nota fin da subito per le strade di Palermo, e poi Napoli. La nostra eroina alternava infatti l’attività quotidiana di meretrice, prevalentemente presso ricchi ecclesiastici, a quella di avvelenatrice seriale.
In ragione di un affare andato male, terminato con molestissima sopravvivenza della vittima, decise di seguire uno degli amanti prediletti Frate Girolamo, nella splendida Roma di Urbano VIII, dove prese alloggio in zona trasteverina, migliorando di parecchi punti la qualità della sua esistenza.
Imparò a leggere, a scrivere e a comportarsi come una donna di rango, risultando presenza sempre più nota e gradita, fino a che un’amica non prese a raccontarle delle angherie subite dal marito sadico e beone.
La Tofana non aveva bisogno di denaro: fu il senso si giustizia, a prevalere, volto alla tutela delle donne. Convinse Girolamo a procurarle i mezzi, tramite un parente speziale, e ricominciò a produrre il suo famoso rimedio.

 

Furono seicento solo in Roma, le vittime di Giulia Tofana, che introdusse anche la figlia Girolama alla nobile arte. La versione ufficiale, rispetto alla sua fine, la vorrà denunciata a seguito di un tentativo di omicidio andato per il verso sbagliato e morta nel 1659, giustiziata insieme a figlia, apprendisti e alcune delle clienti, in Campo de’ Fiori.
Ma alcune versioni non ufficiali, la vogliono sopravvissuta: pare infatti che, dalle carte processuali, lei risultasse una venditrice di liquido per migliorare la pelle, ignara di cosa le donne ne facessero.
E’ davvero improbabile che, nella capitale dell’Inquisizione, la nostra avvelenatrice sia veramente scampata a tortura e denunce, nonostante i potenti amici e amanti.
Ma ammettilo, tu che stai leggendo, che un po’ ci speri.
Questa cattivissima ragazza, bella e spregiudicata in un mondo di uomini violenti, ti piace. Aveva ben più di quello che una donna potesse desiderare ai tempi: denaro, libertà e potere. Ha messo a rischio tutto questo per regalare a tutte le altre qualcosa di molto più potente del veleno: la vendetta.
(Valeria Munari)

Valeria Munari: nata a Reggio Emilia nel 1981, come ogni antieroe che si rispetti conduce una doppia vita. Di giorno avvocato e di notte lettrice e scrittrice di horror e cinefila d'assalto. Con questa rubrica coccolerà il lato più cruento e vendicativo del suo complicatissimo sé, narrando di ragazze cattive e tanto altro.



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