Il santo

Terra di cimitero, fango di trincea, fieno, paglia, merda di cavallo e di uomo, piscio, sangue e sperma. Da che ho iniziato a girare il Paese i miei stivali hanno calpestato di tutto. Dovrei cambiarli o spazzolarli, ma non ho il tempo di fare nessuna delle due cose. Mi volto verso il vecchio sdentato che se ne sta su una roccia a prendersi in faccia la polvere del deserto. Mi ha visto, ma non mi ha notato. D’altronde, perché dovrebbe? Non peserò più di quarantacinque chili e sono poco più alto della maggior parte dei nani che ho conosciuto, giro senza cavallo, non ho una sottana che possa essere sollevata con un sorriso durante un balletto e non ho decisamente l’aria di uno che cerca guai.
- Non vedo l’ora che inventino le strade - dico al vecchio, ossuto e tremolante quanto basta da fargli guadagnare il nomignolo di Zio Tibia.
- Questa è una strada - ribatte lui, debolmente.
- Se lo dici tu.
Mi arrotolo un sigaro e me lo accendo, poi tiro fuori dal panciotto un paio di monete di rame.
- Sono per te, se mi spieghi velocemente come arrivare alla Missione di San Pedro e al Saloon più vicino.
Zio Tibia sputa una massa di catarro rossiccio, prende le monete e mi dà le informazioni che gli ho chiesto. Mi dirigo prima verso il saloon. In questo mondo ladro conviene prendersi prima il piacere, quando ce n’è.
Le porte del locale mi danno qualche grattacapo, ma alla fine riesco ad entrare senza che mi sbattano sul culo. L’atmosfera è allegra. Una tranquilla cittadina di frontiera, senza grossi problemi. Mi arrampico sullo sgabello più vicino e chiedo al tipo che se ne sta dietro il bancone a far finta di pulire i bicchieri una bottiglia di whiskey.
- Di quello buono, non la solita merda che avete in questi posti.
Il tizio mi squadra con aria di scherno e mi fa: « Hai da pagare, gnomo?
- Sicuro. Con le monete d’oro della pignatta alla fine dell’arcobaleno.
- Peccato che nel deserto non piove mai.
- Tua moglie si chiama Sally, giusto? - gli faccio, con tono casuale.
- Perché cazzo nomini mia moglie, gnomo?
- Perché Bill, il lattaio, sta infilando il suo cazzo dentro di lei proprio ora. Lo sospettavi da tempo, no? Se fai più svelto di lui li cogli sul fatto, gringo.
Il barista lancia il grembiale da qualche parte oltre la mia testa e corre verso nord con l’aria di un tacchino a cui hanno appena spiegato cosa succederà a Natale. Scelgo una bottiglia dallo scaffale. Nessuno fa caso a me, come al solito. Il whiskey non è eccezionale, ma mi accontento. Devo solo cercare di finire la bottiglia prima che il cornuto ritorni.
No, nessun potere magico. Direi più un talento. Vedo nel futuro - un po’ - e avverto se qualcuno ha bisogno di aiuto. Lo percepisco. Anche giorni prima che accada. Ad esempio una volta ho aiutato William Quantrill a nascondersi dagli sbirri dopo una rapina a un certo treno unionista, giù nel Kentucky. E un’altra volta a Liberty, Missouri, fui io ad aiutare il Presidente Chester A. Arthur a sgattaiolare via da un posto che non avrebbe giovato alla sua immagine pubblica. Da un certo punto di vista sono il contrario di un cacciatore di taglie: quelli ammazzano per soldi, io per soldi restituisco la vita ai morti. Per questo, quelli che sanno di me mi chiamano il Santo.
- Sei venuto - dice il frate, guardandomi con sguardo assente. - Non ci posso speravo.
La frase a effetto, ora.
- Per essere un prete difetti alquanto di fede, Paul. »

Il frate francescano emerge lentamente dalla penombra del confessionale. Semiparalizzato dal terrore, intuisco che, da solo, non sarebbe di grande aiuto a sé stesso. Ha le occhiaie marcate e in generale dimostra vent’anni più di quelli che ha. La barba azzurrina, il saio di sacco sporco di sangue non suo, la tonsura su cui ricominciano a crescere pochi, isolati capelli color sabbia, il naso piatto e il grugno affilato da francese; tutto come nelle mie visioni. Anche il cadavere della ragazzina, accasciato sul pavimento con gli occhi sbarrati e le braccia scomposte da una breve agonia. Non avrà più di una dozzina d’anni. Lo so già che è morta, ma le sento il polso comunque. Niente. Andata.
- Sei qui per aiutarmi? Oh, Signore. Tu mi restituisci la vita.
- Dipende da quanto paghi, Paul.
Il frate, ciabattando nei suoi sandali impolverati, raggiunge l’altare. Alla sua base c’è una cassetta di metallo con piccole aperture a forma di croce. L’apre, ne estrae una manciata di monete provenienti dalle offerte alla Missione.
- Non è molto, ma...
- Meglio di niente.
Il frate è un bagno di sudore. La puzza del suo corpo sporco, l’odore del sesso consumato di recente e il dolciastro afrore dell’incenso vecchio mi danno il voltastomaco. Guardo la ragazzina, poi di nuovo lui.
- Lo sai che l’hai uccisa? - dico. - Ti rendi conto che non diventerà mai una donna, che non avrà mai figli, che non invecchierà mai?
Lo afferro per la tunica lurida. Lo prenderei a calci, ma ho paura di sporcarmi gli stivali ancora di più.
- Ti rendi conto che se ti beccano non ci arriverai mai vivo, in tribunale?
Mi aspetto che il frate abbassi la faccia al suolo e implori. Invece sostiene il mio sguardo, e anzi mi tira via le mani con malagrazia.
- Sei qui per aiutarmi o per farmi la paternale?
Sorrido.
- Dovevo capire se hai i nervi saldi. Se ti fai prendere dal panico e fai qualche cazzata è un guaio anche per me, cosa credi?
Ho un talento ma non sono certo immortale. Mi taglio radendomi come tutti, e una volta che mi hanno sparato a una gamba stavo per lasciarci le penne. A questo punto, tiro fuori dalla mia borsa un sacco grigio e vi infilo la ragazzina.
- Che accidenti pensi di fare?
- Seppellirla - rispondo. - Sta’ tranquillo, nessuno mi noterà. Nessuno mi nota mai. Ci rivediamo più tardi al Saloon del cornuto.
- Cornuto?
Mi sfioro il cappello con due dita, mi carico il sacco sulle spalle ed esco senza aggiungere altro.

La ragazzina, nel sacco, non pesa più di un uccellino morto. Il calore del suo corpo esanime si trasferisce lentamente nel mio, secondo una legge di conservazione dell’energia che in questo momento mi appare triste e ripugnante quanto il mio fottuto mestiere. Ma anche i santi hanno fame.
Attraversando una piccola vigna appena fuori la Missione di San Pedro, i cui frutti vengono usati dai frati per distillare il vino da usare nelle funzioni, mi giunge una visione confusa. Lascio la ragazzina tra le viti, nascondendola alla meglio sotto il fitto fogliame, e torno indietro di gran passo. Altro sporco sui miei stivali. Accovacciato sotto un finestrone colgo dei frammenti di una conversazione ricca di sottintesi.
- Devi dirmi dov’è, prete - dice una voce profonda, incrinata dall’alcool.
Paul si affretta a rispondere che lui non sa niente. Il tono è un po’ più esitante di quel che vorrei.
- Non mi prendere in giro - ribatte l’ubriaco. Un fruscio come stoffa stretta fra le mani. Un gemito. - Lo so che mia figlia è qui. Lei... lei ha cercato di spiegarmi, ma io... non ho voluto ascoltare. Non me ne fregava niente, capisci? Capisci?
- Ti ripeto che non le ho fatto niente - dice il frate. - Non le ho fatto niente, io.
Ah, pezzo di merda. Improvvisamente, so già come andrà a finire.
- Che vuoi dire? Dov’è Susie? Qualcuno le ha fatto del male?
- Io... lei mi ha raccontato di uno straniero che bazzica da queste parti. Mi ha detto... mentre erano ai pozzi... in confessione. Tu lo sai, io non posso infrangere il segreto...
Il padre strabuzza gli occhi, fuori di sé. A questo punto, anche uno più stupido e meno sobrio di lui comincerebbe a temere il peggio.
- Che straniero? Dove lo trovo?
- Al saloon di Clint - dice il frate. Rumore di passi pesanti, una porta che sbatte. Poi, finalmente, il silenzio.
Allora torno al vigneto, recupero il sacco e rientro alla Missione. La faccia di padre Paul, quando mi vede, è indescrivibile. Senza dargli il tempo di saltarmi addosso gli colpisco la trachea di piatto rompendogli il pomo d’Adamo, tiro fuori una fune dalla borsa e gliela passo intorno al collo. Con un po’ di fortuna, considerando che il cadavere di Susie sarà ritrovato ai suoi piedi con inequivocabili segni di violenza carnale, e se il medico dell’ufficio dello sceriffo non è troppo sveglio, si penserà a un suicidio.
Il mio talento mi dice che non basterà questo a tirarmi fuori dai guai, ma è sicuramente un inizio. E una voce più debole, sul fondo della mia anima marcia, mi fa notare che è giusto così.
- Nessun rancore, prete. Non è la prima volta che tentano di fottermi e non sarà l’ultima.
Io sono il Santo. Restituisco la vita ai morti. Ma mica sempre.

Manuel Crispo