Hai perso

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2016 - edizione 15

A domani. Non dimenticare il nostro appuntamento. Io ci sarò. E ci sarà anche lei. Ti accompagnerà, ma sarà lì per me.
Credi di avere vinto. Illuso. Io la amo.
L’ho amata, la Morte, trentatré volte, una per ognuna delle mie vittime. Ne ho baciato le gelide labbra mentre il coltello disegnava una collana di sangue sulle morbide gole. Abbiamo scopato sopra i petti scannati dove io immergevo le dita tra le carni tiepide per sentire la vita evaporare. L’ho venerata, mentre godeva, insieme a me, dei visi imbevuti di orrore di tutte le giovani donne che avevano provato la sensazione della fredda lama nel profondo delle loro viscere.
Domani i nostri sguardi si incroceranno. I miei occhi verdi scaveranno dentro le tue certezze, strappandone brandelli, che finiranno per marcire sulla tua anima.

E quando abbasserai la leva e la corrente elettrica renderà i neuroni nel mio cervello una poltiglia senza pensiero, lei prenderà dolcemente la mia mano come una mamma la prende al figlio prediletto e mi accompagnerà là dove l’eternità mi attende.
Hai perso, boia.

La morte per sedia elettrica avviene per asfissia. Il corpo si agita con violenza. Dal corpo salgono volute di fumo, il sangue del condannato bolle.
Jeremy si apprestò ad abbassare la leva, era il suo lavoro, lo doveva fare. In tasca quella lettera. Sudava. Gli occhi verdi, scuri come un mare in tempesta, che lo fissavano da sotto il casco metallico, erano vitrei. Tremò prima di tirare.

 

L’infermiera lo sollevò senza fatica. Ancora bagnato di liquido era veramente bello. Il padre lo fissava con fierezza, il suo primo figlio. Jeremy pensò che il suo bambino sarebbe stato il suo orgoglio, la sua gioia, il suo futuro. Poi vagì e aprì gli occhi. Verdi, scuri come un mare in tempesta.

Lodovico Ferrari