Ghost

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2015 - edizione 14

Sto sognando la seduta di ieri sera. Immagini offuscate di facce sorridenti, intente a giocare con qualcosa, o qualcuno, di cui dovremmo probabilmente avere più rispetto.
Sono al di fuori del mio corpo.
L’ultima volta che abbiamo evocato uno spirito eravamo dei ragazzini, e la paura ci rendeva prudenti. Rispettavamo le regole.
Vedo Rachel rovesciare il bicchierino e versarci dentro la tequila. Vedo Mark, Logan e Kate staccarsi dalla tavola per iniziare a bere. So già come proseguirà la serata. Sono qui per vedere cose che da sveglio non ho notato.
Una vibrazione davanti alla finestra.
Appena percettibile.
Riesco ad avvicinarmi a quell’increspatura nell’aria, mentre il mio corpo rimane incollato a quello di Rachel.
Mi avvicino ed il freddo mi accoglie. Quando la mano gelida e invisibile mi sfiora vorrei gridare al me stesso di ieri sera e a tutti gli altri di smetterla, di scappare. Ma so che non possono ne vedermi ne sentirmi. E ho paura di voltare lo sguardo a chi ho davanti.

Centinaia di melliflui aghi trasparenti stabiliscono una forma che non saprei definire come maschile o femminile.
Due occhi bianchi si aprono a scrutare il me visitatore del sogno ed il me che ero stato poco tempo prima. Mi percepisce.
Sa che sono qui.
All’improvviso il pensiero che il sogno sia una sua creazione diventa una consapevolezza.
Mi voleva qui, a rivedere. Mi sta spiegando perché tra poco mi farà del male.
Non abbiamo seguito le regole. Non abbiamo portato rispetto.

Un sorriso osceno, troppo ampio e sgraziato per nascere su di un viso normale appare qualche centimetro al di sotto degli occhi senza vita.
Sono sveglio.
Anche se i miei occhi non vedono posso sentire il mio respiro caldo formare una nuvola di vapore.
Gelo
Occhi bianchi sopra di me.
Dovevo seguire le regole.

Marco Bottaro