Incubazione

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2015 - edizione 7

Sara le aveva sputato addosso la sua rabbia. Stronza ed egoista l'aveva definita, e mamma e papà non se ne rendevano conto, aveva strepitato isterica, ma io sì! L'aveva afferrata dai polsi, dove le fasciature erano ancora macchiate di rosso, tu vuoi solo attenzioni! Sei solo una stronza narcisista. Ma questa volta hai esagerato! Dio, se penso a quello che poteva capitare al bambino!
Gli insulti le morivano in gola, tra un singhiozzo e l'altro, mentre Nadia incassava.
La odio! aveva pensato Nadia, Cosa può saperne lei? Le notti si erano riempite di orrori, di ombre annidate negli angoli e di sussurri opprimenti.
Ti prego, fallo smettere!
Il mondo dorme, e Morfeo lo culla, mentre Nadia prega un dio apatico e fantastica di feti strappati dagli uteri delle loro madri. Ha guardato nell'abisso, ed ora nella sua testa la bestia torna ogni notte, agghindata col suo completo di Valentino, sbarbata e profumata, e la trascina in un sudicio vicolo. Ti prego Dio, fallo smettere!
Cosa può saperne Sara del legame tra madre e figlio? Di quella connessione mistica tra sé e quel suo figlio ancora non nato, che sguazza placido nel suo antro di liquido amniotico? E del desiderio di stringere quel pargolo, di cullarlo e allattarlo e proteggerlo dagli orrori che strisciano nei vicoli bui, e al tempo stesso dell'insano istinto di strappar via quel tumore, quel mostro che si nutre di lei, ne risucchia la linfa vitale, che sogna di una madre che non lascerà più andar via? Cosa può saperne?
Nadia avverte il peso trascinarla sempre più giù, le sue membra dimenarsi in quell'incantevole pantano che la gente chiama amore materno.
L'ecografia è ok!
Le analisi sono ok!

Con quel sorriso da svariate centinaia di euro, il dottore aveva sentenziato col suo lasciapassare ed un pollice in su la perlustrazione delle sue parti intime.
È tutto ok! Il sole è un abbacinante smile nell'azzurro del cielo, e la gente va in giro canticchiando una versione stonata di Don't worry, be happy!
Nadia stringe i bordi della vasca. L'acqua gelida le si strofina addosso, ed il suo corpo sprofonda nel torpore. Prende la lametta e la lascia scorrere lungo l'avambraccio, calcando un solco cicatrizzato.
Dio perdonami!
Sara perdonami!

E una fitta le serra lo stomaco, la costringe a piegarsi, a urlare, a pregare che il suo lavoro agisca più in fretta della voracità di quel mostro. Ma il dolore è troppo. Scalcia, spinge. Vuole solo un abbraccio, le spiega la voce di Sara nella sua testa, vuole solo la sua mamma. Le strida si schiantano sulle mattonelle del bagno. Nadia si getta fuori dalla vasca, scivola, cade a terra. Il sangue sa di rame. Con una mano afferra la lametta. Una madre non nega un abbraccio al proprio figlio. Taglia, lacera e scava, anche con le unghie, tra la carne e le viscere. Tira via tutto.
Rannicchiata, l'informe creatura pianta il suo enorme occhio giallo su di lei. Stringe i suoi denti da piranha e li serra attorno alla carne ormai morta di Nadia. Staremo sempre insieme, mamma! e continua a masticare.

Innocenzo Casale