Montale era uno stronzo

Quando Mauro Perroni rincasò, per poco non ci rimase secco.
Un'enorme scritta rossa spiccava come una ferita sulla facciata della sua villetta.
Montale era uno stronzo.
Perroni, insegnante di lettere in pensione, capì subito che non si trattava di un semplice atto di teppismo. Quella era opera di qualche vecchio studente rancoroso.
I vicini, interrogati, dissero che non avevano visto niente. Viene quasi da credere che quella scritta sia comparsa da sola, pensò Perroni inferocito.
Andò in garage e ne uscì con una latta di vernice. Quand'ebbe finito di ritinteggiare il muro, erano le sette di sera. Era talmente esausto che andò subito a dormire.
Il giorno dopo si svegliò ritemprato. Alle nove uscì con l'intenzione di andare dai carabinieri a sporgere denuncia.
Si fermò sul vialetto, sbalordito.
L'odiosa scritta era ancora lì.
Per una settimana andò in scena lo stesso copione. Perroni cancellava la scritta e la scritta, ostinata, ricompariva a distanza di poche ore.
Il professore fece installare un impianto di videosorveglianza, ma il mattino seguente, per qualche ragione inspiegabile, le telecamere risultarono spente. In compenso sul muro di casa sua c'erano sempre quelle quattro maledette parole.
Montale era uno stronzo.
Perroni era sull'orlo di una crisi di nervi. Una notte, armato di doppietta e di thermos di caffè, si appostò dietro la tenda della finestra in soggiorno.
Le undici, mezzanotte, le una scivolarono via senza sorprese.
Alle due, quasi vinto dal sonno, Perroni si alzò per andare a letto.
All'improvviso un vento soprannaturale spalancò la finestra e invase mugghiando la stanza. Perroni, la vestaglia che gli svolazzava attorno alle spalle, armò i cani e alzò la doppietta. Ma per far cosa? Non si può sparare al vento.
Sotto alle raffiche d'aria gli sembrò di percepire delle voci. Voci giovani, squillanti, deformate dall'ira.

Le riconobbe.
Erano le voci dei suoi antichi alunni, e si prendevano gioco di lui.
"Montale era uno stronzo!" diceva uno.
"E anche Ungaretti!" diceva un altro.
"Per non parlare di Saba!" aggiungeva un terzo, e via così in una cacofonia assordante.
Oltre a dileggiarlo, lo accusavano. C'erano quelli che lui aveva bocciato o rimandato a settembre, e peggio ancora, c'erano quelli che per colpa delle sue lezioni noiose e aride avevano perso per sempre il gusto della lettura. Tutti, tutti gli addossavano qualche colpa.
"Basta, abbiate pietà!" urlò Perroni. Provò a tapparsi le orecchie, la testa che gli scoppiava. Cadde a terra smozzicando frasi sconnesse.
Quando la donna delle pulizie lo trovò la mattina dopo, era completamente pazzo.

Matteo Bigarella