Quando sorrideva

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2013 - edizione 5

«Hai mai avuto paura di morire?»
Lei appoggiò la birra al tavolo e si passò la lingua sulle labbra. Quando lo faceva, lui si sentiva avvampare.
«No. E tu?»
James guardò nel fondo dei suoi occhi nocciola.
«No, nemmeno io. Questo fa di noi persone coraggiose?»
Anna rise.
«Non lo so, James. Forse siamo solo degli irresponsabili»
Lui notò ancora una volta la candida bellezza di Anna: era praticamente impossibile resisterle, quando sorrideva.

«È palindromo»
Anna si girò verso di lui. La luce fioca dei lampioni di Parigi illuminava i loro visi bagnati dalla neve.
«Cosa?»
«Il tuo nome. Anna si può leggere anche al contrario, ma rimane lo stesso “Anna”»
Lei gli si avvicinò, gli mise le braccia al collo e lo baciò con passione. Il suo alito sapeva di birra irlandese.
«Quando fai il saputello mi viene voglia di farti certe cose che neanche immagini»
James la strinse forte a sé e le bisbigliò all’orecchio.
«Vediamo cosa sai fare»

 

Un’ora dopo erano entrambi nudi, avvolti nelle candide lenzuola del letto a due piazze.
L’attrazione tra di loro era esplosa all’improvviso: James avevo incrociato lo sguardo di Anna alle poste, e lei gli aveva sorriso.
A lui era piaciuta subito, ma c’era una parte di lei che non riusciva ad inquadrare alla perfezione, come se avesse qualcosa di fondamentalmente diverso da tutti quelli che conosceva. Poi il fuoco sacro della passione aveva fatto terra bruciata tutt’attorno a loro e lui si era fatto trascinare in un vortice di emozioni sempre più forti. Non ricordava nemmeno più l’ultima volta che era stato così... vivo.
Ad un certo punto Anna si alzò e prese qualcosa dal cassetto del tavolino lì a fianco. Si riavvicinò a James e lo legò alla spalliera del letto con due soffici manette di pelo rosa.
Risero. Lei si mise a cavalcioni su di lui e lo fissò dritto nelle pupille.
«Sai perché ho scelto Anna come nome?»
Lì per lì lui non capì esattamente cosa intendesse.
«Come hai brillantemente notato tu, è palindromo: perché se provo a specchiarmi, sono sempre me stessa. Tu invece cosa sei, James?»
Le pupille di lui si dilatarono e il cuore cominciò a battergli ancora più forte di come normalmente facesse. Come poteva essere stato così stupido? Cercò disperatamente di strapparsi le manette dai polsi, ma la troia le aveva rinforzate.
Anna mise una mano sotto il letto ed estrasse dall’ombra un tagliacarte di frassino.
«Adesso hai paura di morire?»
Mentre la punta perforava il petto e il suo cuore antico, il vampiro provò una paura atavica che non provava da secoli: un fiotto di sangue nero pece imbrattò il bianco candore delle lenzuola pulite. Mentre scivolava in una dannazione senza fine, James notò che sulle guance di Anna erano disegnate due semplici, dolci, fossette.
Le succedeva sempre, quando sorrideva.

Stefano Porta